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Lina Wertmuller, 92 anni tra Oscar e lotta ambiente

Lina Wertmuller, 92 anni tra Oscar e lotta ambiente

L'ultima crociata contro l'allevamento di ostriche in Sardegna

ROMA, 13 agosto 2020, 15:45

di Giorgio Gosetti

ANSACheck

Foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

 "Ho sempre avuto un carattere forte, fin da piccola - racconta di sé Lina Wertmueller- .

Sono stata addirittura cacciata da undici scuole e sul set ho sempre comandato io".

Non c'è da stupirsi se, allo scoccare del 92/o compleanno (il 14 agosto), Lina la Combattente fa ancora sentire la sua voce per combattere una nuova battaglia: è dei giorni scorsi la sua crociata in Sardegna a fianco di Legambiente contro la concessione per un allevamento di ostriche e mitili nel Golfo degli aranci. Un luogo a lei carissimo, scoperto ai tempi di uno dei maggiori successi ("Travolti da un insolito destino…") e in cui passa anche queste settimane.
    Lina, nata a Roma nel 1928, non è nuova a prese di posizione su temi politici e sociali e non ha mai nascosto le sue idee, che fosse l'adesione al Partito Socialista o la rivendicazione dei diritti della donna nel mondo del cinema. Alla consegna dell'Oscar onorario pochi mesi fa fece sbellicare la platea suggerendo che il Signor Oscar da ora in avanti potrebbe essere ribattezzato al femminile. Più in generale, invece, ha preso le distanze dalle posizioni oltranziste del femminismo ribadendo: "Non si può fare questo lavoro perché si è uomo o perché si è donna. Lo si fa perché si ha talento. Questa è l'unica cosa che conta per me e dovrebbe essere l'unico parametro con cui valutare a chi assegnare la regia di un film. Come tutte ho avuto i miei problemi a farmi accettare ma me ne sono infischiata. Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva".
    E ci è riuscita, come testimonia una carriera fitta di successi. E' stata la prima donna a spuntare una nomination come migliore regista ai tempi di "Pasqualino settebellezze" (1976) che ne totalizzò ben quattro; è stata la prima donna ad avere successo in tv ai tempi degli "sceneggiati" con la trionfale accoglienza del "Giornalino di Giamburrasca" (1964-65) e divide con Iaia Fiastri il privilegio di avere avuto spazio nella premiata ditta Garinei&Giovannini. Piccola, tenace, vitale ma capace di scontri furibondi e di amicizie indistruttibili, Lina si affaccia al cinema dopo un tirocinio in tutte le forme dello spettacolo: a 17 anni si iscrive all'accademia teatrale di Pietro Sharoff, debutta come regista di burattini con la guida di Maria Signorelli, scrive per la radio e la televisione mettendo in mostra un estro surreale e comico che sarà la sua arma vincente, va a scuola di cinema da Fellini sui set di "La dolce vita" e "8 ½", collabora alla prima Canzonissima della Rai e quando debutta nel lungometraggio con "I basilischi" nel 1963 già vince la Vela d'oro del Festival di Locarno. L'anno dopo il sodalizio con Rita Pavone per "Il giornalino di Giamburrasca" ne fa d'un colpo una regista ricercata dai produttori. Nello stesso periodo incontra l'apprezzato scenografo teatrale Enrico Job con cui si sposerà, dividerà tutta la carriera artistica e adotterà la figlia Maria Zulima.
    Al bivio tra il cinema "autoriale" e quello di genere, Lina non esiterà a imboccare la seconda via, firmando western e commedie ("Rita la zanzara", "Questa volta parliamo di uomini") per poi scrivere e dirigere il suo primo, grande successo nel 1972, "Mimì metallurgico ferito nell'onore", in cui per la prima volta fa coppia artistica con il suo protagonista per eccellenza, Giancarlo Giannini. Il film ha un travolgente successo in sala e si guadagna l'invito al festival di Cannes.
    Il suo nome di origine tedesca (all'anagrafe Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich) mette soggezione ai produttori, anche se lei spiega che il padre è un normalissimo avvocato di Potenza con ascendenze nobiliari svizzere; la sua mania per i titoli di lunghezza fluviale diventa in fretta un marchio di fabbrica, così come i vistosi occhiali bianchi, la battuta sferzante, la simpatia contagiosa.
    "Film d'amore e d'anarchia", "Tutto a posto e niente in ordine", "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto", "Pasqualino settebellezze" segnano in modo assolutamente personale il cinema italiano degli anni '70 e ogni volta mettono d'accordo critica e pubblico.
    Dopo il secondo decennio di attività, la regista ha piegato verso lidi anche più personali e certamente diversi. Ecco allora un'accentuazione dei temi storici e politici che percorrono gli anni '80 (da "La fine del mondo…"e "Fatto di sangue tra due uomini…" fino a "Notte d'estate…"). Dall'inizio degli anni '90 conosce un nuovo successo scommettendo su attori che plasma e trasforma secondo il suo gusto personale. Ecco allora il sodalizio con Sophia Loren per portare in tv un riuscito adattamento di "Sabato, domenica e lunedì" da Eduardo e quello con Paolo Villaggio per "Io speriamo che me la cavo" dal romanzo-verità di Marcello D'Orta. Ritorna due volte a fare coppia fissa con l'amica Loren, tenta l'affresco storico con "Ferdinando e Carolina", rivisita i suoi personaggi tipici aggiornandoli con volti nuovi come Veronica Pivetti o Claudia Gerini. E' sempre più attratta dalla cultura partenopea tanto da meritarsi la cittadinanza onoraria di Napoli e da debuttare al Teatro San Carlo con una felice regia della "Carmen" di Bizet.
    Si diverte anche in veste di doppiatrice per "Mulan" o come esponente dei "poteri forti" in "Benvenuto Presidente" di Riccardo Milani. A lei dedica un bellissimo omaggio il suo collaboratore storico Valerio Ruiz: "Dietro gli occhiali bianchi", presentato nel 2015 alla Mostra di Venezia.
   

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