"Ovunque ci sia un infelice Dio gli invia un cane". Questa suggestiva frase di Alphonse de Lamartine apre Dogman di Luc Besson, favola nera in concorso in questa ottantesima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica e in sala dal 28 settembre con Lucky Red. Insomma un Luc Besson che si misura questa volta in una prospettiva più autorale, mettendo in campo una storia con protagonista Douglas (l'eclettico e sempre un po' luciferino Caleb Landry Jones), un ragazzo che fin da piccolo viene chiuso in un gabbia piena di cani da un padre violento e da un fratello altrettanto violento. Douglas così non può certo crescere bene, anche perché, dopo aver perso anche l'uso pieno delle gambe, si ritrova a vivere su una sedia a rotelle circondato dai suoi fedelissimi cani (una cinquantina) capaci di proteggerlo come, all'occorrenza, di delinquere.
Sempre travestito da donna (un modo per lui di proteggersi), Douglas diventa lentamente un joker folle che scoprirà, di volta in volta, il teatro, William Shakespeare e anche l'amore, ma per lui non sarà facile liberarsi da un passato senza alcuna felicità. "L'idea - spiega il regista oggi al Lido - mi è venuta leggendo un articolo su una famiglia francese che aveva rinchiuso il proprio figlio in una gabbia quando aveva cinque anni. Così mi sono chiesto: che vita può avere oggi questo ragazzo dopo tutto quello che gli è capitato? Cosa mai può diventare? Quindi ho provato a immaginare la sua vita e ho cominciato a scrivere una credibile sceneggiatura". C'è una battuta in Dogman che dice: "Le nostre radici sono le basi dell'essere umano, ma sono invisibili. Ecco, noi vediamo un essere umano, ma non le sue radici. Cosa succede però se tagliamo le radici?, sottolinea Besson, tornato dietro la macchina da presa dopo essere stato scagionato dalle accuse di stupro da parte di un'attrice nel 2018. E ancora il regista: "Tutte le religioni parlano di fede, ma come conservarla se ci troviamo in una situazione del genere? Se poi ci fosse un Dio cosa farebbe di questo bambino? Credo alla fine che solo due cose ci possano salvare: l'amore e l'arte, ma di sicuro non i soldi. Se hai entrambe, allora sei molto fortunato". Spiega, invece, Landry Jones, attore e musicista texano, dei suoi continui travestimenti: "Per Douglas è come una via di fuga, un modo di essere libero, il mio ruolo è appunto quello di fare la spugna, assorbire". Spiega infine il regista parigino dell'enorme lavoro fatto con i cani: "Abbiamo impiegato oltre due mesi per sceglierne un bel gruppo. Dovevano poi conoscersi e abituarsi a stare insieme. Tre di loro erano delle vere e proprie star. C'erano poi - continua Besson - ben venticinque addestratori, ognuno con due cani che ubbidivano solo a lui: immaginate cosa succedeva ad ogni ciak, con venticinque voci che urlavano ai rispettivi cani 'si gira!'".
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