Un'ossessione che non finisce mai
quella di Ciro (Francesco Di Leva), elettricista napoletano
cinquantenne, che ogni notte esce con il figlio di tredici anni,
Luigi (Mario Di Leva), alla ricerca di quell'auto rossa che ha
investito e ucciso l'amata moglie. Per dimenticare non gli basta
il crack che fuma sulla terrazza condominiale (come si vede
nella prima scena del film), né il tempo che passa, il suo lutto
sembra proprio non finire mai. A consolare Ciro solo la pistola
che ha nel cassetto della sua auto, chiaro segno della sua
voglia dì vendicarsi o forse di farla finita.
'Nottefonda' di Giuseppe Miale Di Mauro si presenta così, cupo e
senza speranza.
Liberamente tratto dal romanzo, 'La strada degli Americani'
(Frassinelli) a firma dello stesso regista, il film in sala
dall'8 maggio con Luce Cinecittà racconta di quest'uomo
disperato che ha dalla sua solo il figlio, qualche amico e
l'affidabile madre che ogni sera lo aspetta a casa.
Il Ciro del film, dice Francesco Di Leva : "È un uomo che
sprofonda in un abisso e dopo aver raggiunto il punto più
profondo e oscuro della sua esistenza prova in tutti i modi a
risalire a galla, sperando di vedere presto la luce. Non è un
vero tossicodipendente, ma ha trovato nell'uso e nell'abuso del
crack uno sfogo per uscire dalla traversata del lutto che lo ha
colpito dopo la morte improvvisa di sua moglie in un incidente
stradale. Per restituire al personaggio il dolore, la fatica, ma
anche la tenerezza che si porta dietro come un macigno -
continua l'attore - ho lavorato molto sul silenzio. Ciro evita
di confrontarsi con le persone e anche di incontrare gli sguardi
degli altri, sfugge a qualsiasi contatto umano perché questa
circostanza implicherebbe un confronto. Lui sa che è il momento
di essere invaso dalla sofferenza, vuole percepirla come ultima
e grande esperienza di amore verso sua moglie mentre tutto il
resto, gli altri, la vita di ogni giorno, vengono dopo".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA