(di Giovanni Franco)
GIUSEPPE RUGGERI, 'I SEGRETI DI
CASIMIRO PICCOLO' (GIAMBRA EDITORI, PP 35, 8 EURO). "A tavola ci
sedevamo curando sempre di apparecchiare il posto di mamam anche
dopo la sua dipartita. Io ne avvertivo nitidamente la sua
presenza, udivo perfino la sua voce che m'indicava quali fossero
le quantità di bevande e cibo che si doveva somministrarle". Era
un rituale che si ripeteva ogni giorno, come raccontava il
barone Casimiro Piccolo di Calanovella, fratello della botanica
Agata Giovanna e del poeta Lucio e cugino di Giuseppe Tomasi di
Lampedusa che scrisse il famoso romanzo "Il Gattopardo". Lui non
credeva all'esistenza di un confine tra corpo e anima. Alla sua
figura è dedicato un libro "I segreti di Casimiro Piccolo",
scritto da Giuseppe Ruggeri,pubblicato da Giambra Editori.
L'autore racconta, di aver avuto una notte un dialogo proprio
con il fantasma del barone che era "considerato un'autorità in
metapsichica e il suo nome era ben noto negli ambienti americani
d'oltreoceano. Perfino la rivista americana Atlantic parlava di
lui come se fosse un negromante". Ma oltre a quelle degli
spiriti le passeggiate notturne di Casimiro registravano pure la
presenza di "strane creature che gli capitava di rinvenire,
affermava, ai piedi degli alberi, su una pianta, su un punto
indefinito del cielo, ovunque insomma la sua sbrigliata fantasia
lo spingesse a immaginarli". Ed erano proprio questi personaggi
a ispirare la vena artistica del barone che nacque a Palermo il
1894 e morì il 4 dicembre 1970. Elfi, fate, gnomi, folletti,
streghe, ritratti al ritorno dalle lunghe passeggiate
all'interno del parco della villa, prendevano forma nei suoi
acquarelli, 34 in tutto realizzati tra il 1943 e il 1970. Sono
adesso esposti nella "Casimiroteca" presso la fondazione
Famiglia Piccolo di Calanovella a pochi chilometri da Capo
d'Orlando nel Messinese.
Scrive Ruggeri: "il barone mi confidò di non aver mai amato la
luce. Le persiane della sua stanza restavano sempre chiuse
dormiva tutto il giorno e si alzava nel tardo pomeriggio". Poi
vestito in abito scuro e indossando un papillon "disseminava
ciotole d'acqua dappertutto, in casa e in ogni angolo del
giardino per abbeverare le creature che avrebbe evocato". E con
la sua macchina fotografica cercava di fermare le loro immagini
sulla lastra per dar conferma della loro esistenza. "Per
Casimiro, la fotografia - ricorda il cavaliere Carmelo Germanà
figlio di Giuseppe che fu amministratore della famiglia Piccolo
di Calanovella - costituiva un'arte vera e propria alla quale
dedicava molto tempo e attenzione. Si faceva inviare le
pellicole direttamente dagli Stati Uniti. Casimiro catalogava
minuziosamente ogni foto in base ai parametri tecnici. In quei
tempi la fotografia era roba per intenditori come lui, che
stavano ore e ore prima di realizzare lo scatto e sviluppavano
le immagini in camera oscura curando che la resa fosse il più
possibile nitida ed esteticamente apprezzabile".
"I fratelli Piccolo, specie Lucio e Casimiro, sono apprezzati e
conosciuti dal pubblico a patto che accanto alla loro bravura si
parli delle loro stranezze. - sottolinea nella prefazione Andrea
Italiano - Ecco, fermandoci a Casimiro, credo che sia finalmente
giunto il tempo di superare questo binomio, che alla fine è un
ostacolo per il riconoscimento globale della caratura assoluta
della sua capacità di essere artista, quindi in nuce visionario,
trasgressivo, originale. Folle".
"Ad esempio, quanti guardando i film della saga del 'Signore
degli anelli - prosegue - hanno pensato ai folletti, agli
stregoni, agli gnomi di Casimiro? Pochi, anzi pochissimi. Eppure
credo che per qualche strana via della conoscenza quei
personaggi, le loro fisionomie, persino il loro comportamento,
debbono qualcosa alla creatività del nostro nobile artista".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA