(di Marzia Apice)
FRANCESCO CASOLO, IL TRUFFATORE
(Feltrinelli, pp.272, 19 euro)
"Volevo rendere carne viva sia il bene che il male. In fondo
non esiste nessuno che sia tutto bianco o tutto nero. Per questo
ho sospeso il giudizio". È una storia potente, di sfumature ma
anche di grande acume psicologico, quella proposta da Francesco
Casolo ne "Il Truffatore", romanzo in uscita il 25 marzo con
Feltrinelli.
In un affascinante dualismo tra la provincia lombarda
nebbiosa, produttiva e un po' bigotta, dove i sogni muoiono ma
si vive tranquilli, e la Milano spregiudicata dei profitti e
della bella vita, l'autore racconta la storia di un giovane
banker in carriera appena lasciato dalla moglie pronto a
truffare, senza alcuna remora, un anziano e ricchissimo
imprenditore, che si è fidato di lui e la cui famiglia è stata
irrimediabilmente segnata da un dramma indicibile quanto
assurdo. Come le è venuta l'idea di calarsi nella mente di un
truffatore? "Casualmente, stavo leggendo una notizia su un
giornale locale della vicenda di un truffatore: ho trovato
elementi in comune con lui, aveva la mia età e apparentemente
una buona posizione, una moglie. Mi sono chiesto perché avesse
scelto di mettere tutto a rischio: solo per regalarsi uno o due
anni di pazzie?", racconta Casolo all'ANSA. "Volevo risalire
alle motivazioni. La risposta che mi sono dato è che forse tutti
noi potremmo essere soggetti a un comportamento del genere. Ho
studiato anche altri casi: alla base non c'è un istinto
criminale, ma una combinazione di fattori. Penso all'ossessione
del denaro e di alcuni beni di consumo, all'influenza della vita
di provincia. Poi mi sono chiesto chi fossero le vittime. Molte
volte i truffati sono persone facoltose, che hanno avuto ruoli
importanti, non vecchie signore indifese. Questo per dire che
tutti noi abbiamo un punto di rottura, e quando le difese si
abbassano si può essere fregati".
Come accade nel suo libro, in cui il protagonista tradisce un
uomo giunto ormai alla fine della vita che si era affidato a
lui. "Tra i due si crea un rapporto padre-figlio: l'imprenditore
che credeva di regalare il benessere alla famiglia ma che poi si
rende conto di aver fallito, a 80 anni conosce un ragazzo che
potrebbe essere come suo figlio morto tanti anni prima. Lui
abbassa le difese, l'altro lo sente e lo frega", spiega. Nel
romanzo non c'è mai la volontà di giudicare: con equilibrio,
senza prendere le parti di nessuno, lei riesce a raccontare i
meccanismi mentali dei protagonisti, l'ossessione del denaro e
la spregiudicatezza accanto alla solitudine e alla fatale
volontà di fidarsi. "Non volevo mettermi né in una posizione di
superiorità né troppo di distanza, ma rendere carne viva sia il
bene che il male", aggiunge. "Il broker in fondo era felice
dell'amicizia nata con l'anziano imprenditore, perché aveva
sofferto un deficit di presenza paterna. Dall'altra parte c'è la
vittima, che è un uomo pieno di chiaroscuri. Ha sbagliato con la
famiglia, ha chiesto uno sforzo di generosità alla moglie non
essendo probabilmente capace di fare la stessa cosa. Io mi sono
infilato dentro questa storia. Mi è sembrato che tra i due
uomini ci fosse un corteggiamento".
Nel libro, i cui diritti sono già stati venduti alla casa
editrice Seix Barral del Gruppo Planeta, il linguaggio è teso,
diretto, senza fronzoli, ma capace di andare in profondità per
raccontare la psicologia dei caratteri. "Il libro è stato
oggetto di continue riscritture e rifacimenti, e di un lungo
lavoro di sottrazione, per evitare stereotipi e caricature",
rivela l'autore. "Ho cercato di fare in modo che tutto ciò che
c'era servisse, niente doveva distogliere dalla storia e dal
processo mentale che avveniva nel protagonista. È scritto in
terza persona ma c'è molto il suo rimuginare cinico e ironico,
anche sentimentale e amaro".
Funzionale alla storia è anche il dualismo tra Milano e la
provincia: "Sono nato e cresciuto a Milano, ora vivo in Valle
d'Aosta, giro tanto e conosco bene le città di provincia, in cui
ancora oggi conta di essere di quella famiglia. Il protagonista
è un outsider", afferma ancora, "e Milano ha un potere di
attrazione molto forte, come se fosse la New York italiana, tra
serate, soldi, champagne, dove si può fare tutto nel bene e nel
male". Dopo "La salita dei giganti", in cui racconta la vicenda
della famiglia Menabrea, anche stavolta ha scelto una storia
esemplare. Cosa la ispira? "Era da quasi un anno che cercavo una
nuova storia, non trovavo una chiave che mi interessasse nel
proseguire la vicenda della famiglia Menabrea", conclude Casolo.
"Volevo raccontare la storia di qualcuno a cui sono state
servite delle carte e che poi decide di rimescolarle
completamente. Una storia in cui il destino sembrava segnato, e
invece poi cambia tutto".
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