Il filologo Roberto Antonelli si
aggiudica il premio Sapegno di Storia della letteratura. La
cerimonia di consegna si terrà a Morgex il prossimo 16
settembre. Il Sapegno, giunto alla trentesima edizione, prende
il nome da uno dei massimi studiosi europei di letteratura. Ed è
assegnato ai più grandi critici letterari del mondo. Fra i
vincitori delle edizioni precedenti: Jean Starobinski, Stephen
Greenblatt, Gianfranco Ravasi, Pietro Gibellini, Michel
Jeanneret.
Antonelli, emerito di Filologia romanza alla Sapienza di
Roma, è presidente dell'Accademia dei Lincei e della Fondazione
Primoli. Oltre duecento le pubblicazioni a sua firma, celebri i
suoi studi su Dante e Petrarca. Proprio Dante sarà al centro
della lezione che Antonelli terrà prima di ricevere il premio.
L'intervento, dal titolo Dante nella crisi del Novecento. Da
Pound a Pasolini, porrà l'accento su Dante, poeta universale,
personalità capace di influenzare la cultura contemporanea.
"Dante è certamente l'autore italiano più letto e celebrato
al mondo nel Novecento e in questo primo quarto del XXI secolo,
come hanno confermato gli eventi organizzati nel settimo
centenario della morte. È un autore globale, esponente di punta
della Weltliteratur, innanzitutto e ovviamente per la Commedia.
Senza il poema anche la sua grandissima poesia lirica e perfino
la Vita nuova, pur così celebrata, non gli avrebbero assicurato
un ruolo di tale rilievo", commenta Antonelli.
Dante, punto di riferimento per Ezra Pound, autore dei
Cantos. Entrambi poeti impegnati, attribuivano alla poesia un
valore assoluto e liberatorio, un valore di redenzione, spiega
Antonelli. "Il poema e la biografia dantesca divengono non solo
il sottotesto di riferimento narrativo, ma anche il leitmotiv
che accompagnerà l'intera redazione dei Cantos e la vita di
Pound, in un continuo parallelismo ideologico, tecnico e
biografico".
Tra gli estimatori del vate fiorentino non manca Pasolini,
attratto dal plurilinguismo espressionistico dantesco; varie le
convergenze tra i due: "Dante esiliato e bandito, maledetto:
come lui, Pasolini. Occorreva conoscere l'Inferno, scendere
all'Inferno, vivere l'Inferno, come aveva fatto e aveva narrato
Dante, come personaggio e come autore, per poter rappresentare
la crisi della seconda metà del XX secolo, come Dante aveva
rappresentato quella del passaggio fra il XIII e il XIV secolo",
illustra Antonelli. Il confronto tra Dante e Pasolini durerà
tutta una vita, passerà per le storie dei Ragazzi di vita e Una
vita violenta e andrà oltre: Pasolini negli anni Cinquanta si
cimenterà nella riscrittura dell'Inferno in romanesco e in
prosa, e il risultato è l'opera La Mortaccia.
Antonelli accenna anche a un altro intellettuale del
Novecento, Primo Levi che dell'uso della Commedia "ha dato la
testimonianza più tragica". Levi "nell'Inferno di Auschwitz
proponeva agli altri internati, ascoltato, la lettura del poema
come ricordo e conferma di cosa fosse un uomo".
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