Una Carmen incendiaria, animalesca, distruttrice dell'ordine costituito, simbolo come il toro di una forza ancestrale da mettere sotto controllo e per questo vittima sacrificale. E' così che il regista Davide Menghini ha interpretato l'eroina dell'omonima opera di Bizet che ha inaugurato ieri sera tra gli applausi di un'Arena Sferisterio sold out la 59/a edizione del Macerata Opera Festival. Consensi unanimi andati al cast, a partire da Ketevan Kemoklidze (Carmen), Ragaa Eldin (Don José), Fabrizio Beggi (Escamillo), Roberta Mantegna (Micaela), quest'ultima particolarmente apprezzata assieme alla protagonista, alla puntuale direzione d'orchestra di Donato Renzetti sul podio della Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana, fino all'originale regia combinata alle scene di Luca Signorini e agli sfolgoranti costumi di Nika Campisi. Menghini ha voluto radicare il capolavoro di Bizet all'arena maceratese, utilizzata fino al 1930 non solo come stadio per il gioco della pallacorda, ma anche di giostre e corride tra animali, dunque un spazio di sfogo collettivo su cui ha inserito una miriade di maschere di derivazione mediterranea in funzione non tanto carnevalesca quanto carnascialesca, dirompente, istintuale e senza freni. In più si è rifatto alla novella originale di Mérimée che ispirò Bizet, poi edulcorata nel libretto perché impossibile da accettare all'epoca (1875), in cui don Josè era in sostanza un pluriomicida, ben diverso dal gendarme mite e innamorato che si perde per seguire la femme fatale Carmen. In questo senso le maschere in scena non sono altro che un modo per nascondere l'io profondo e animalesco degli esseri umani nel continuo rimando tra essere e apparire, come spiega didatticamente l'inserimento di una narratrice attrice: Valentina Picello, il cui ruolo drammaturgico è stato realizzato dal regista in collaborazione con Davide Carnevali. Menghini utilizza la maschera medievale di Alichino (poi divenuta Arlecchino), che Dante mette nel XXII Canto dell'Inferno come demone farsesco, e distribuisce il suo costume variopinto tra tutti i protagonisti, coro e figuranti, declinandolo in varie fogge ed opponendolo a quello tutto nero dei gendarmi, simbolo dell'ordine. Il tutto ricreando una Plaza de Toros con una gradinata per il pubblico un po' cadente come scena fissa, che con alcuni tavolini diventa la Taverna di Lillas Pastia e con un telo nella parte bassa si trasforma nella montagna dei contrabbandieri, per tornare nel finale ad ospitare la corrida. Ma questa volta a morire non è solo il toro, che dopo aver sfilato sulla piazza come simulacro pagano su una portantina da processione tra veri fuochi d'artificio, sbandieratori e giocolieri rimane nel sottofondo e s'intravede illuminato da un' aureola, ma la stessa Carmen. Colpita a morte nell'abbraccio fatale con Josè non nella piazza, ma nell'Arena. Una messa in scena pirotecnica e congruente, molto applaudita, che con pochi elementi scenici ma un utilizzo calibrato di figuranti, ballerini e coro (quello Lirico Marchigiano 'Vincenzo Bellini' curato da Martino Faggiani e i Pueri Cantores 'Zamberletti' diretti da Gian Luca Paolucci e alla Banda Salvadei), riempie sempre la scena e cattura gli spettatori. A contribuire al suo successo anche gli altri interpreti vocali: Armando Gabba, Saverio Fiore, Paolo Ingrasciotta, Andrea Concetti, Francesca Benites, Alessandra della Croce. Coreografie di Virginia Spallarossa. Repliche 23, 28 luglio e 6 agosto.
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