"Quando me l'hanno proposto ho accettato subito. È una delle commedie più divertenti del nostro cinema. Oggi, invece, per la prima volta in tutta la carriera, mi è partita una strizza pazzesca. Continuo a dirmi: ma che hai fatto, quello è Sordi!". Ride Massimo Ghini, tornato a teatro al fianco di Paola Tiziana Cruciani, con Il vedovo, pièce tratta dal film cult del '59 di Dino Risi, con protagonisti quel genio della comicità che era Franca Valeri e nientedimeno che l'Albertone nazionale. L'una nei panni della ricca e capace Elvira, l'altro in quelli di suo marito Alberto Nardi, industrialotto megalomane, ma con scarso, se non disastroso, senso degli affari, che tenta di far fuori la moglie per impossessarsi del suo patrimonio. Prodotto da Enzo Gentile e diretto da Ennio Coltorti che firma l'adattamento insieme a Gianni Clementi, lo spettacolo, dopo il debutto a Cosenza, arriva al Parioli Costanzo di Roma dal 26 febbraio al 9 marzo, atteso ancora in tournée la prossima stagione.
"Quel film è stato l'apripista della commedia all'italiana", racconta all'ANSA Ghini, che per l'occasione recita anche con suo figlio Leonardo, insieme a Giuseppe Gandini, Irene Girotti, Diego Sebastian Misasi, Tony Rucco, Tomaso Thellung. "Si ride tanto - prosegue - ma c'è anche un cinismo e una crudeltà che non avevamo nel cinema precedente. A riflettere, senza offendere nessuno, c'è dentro una sorta di proto-femminicidio. È la storia di una coppia in cui lui tenta di uccidere lei per impadronirsi dei suoi soldi, ma anche perché da fallito non sopporta di aver vicino una donna di gran qualità, un'imprenditrice che sa conquistare la vita. Alla fine, fallirà anche in questo, ma il tema è delicato e molto attuale. Forse, per questo al tempo la pellicola non ebbe immediatamente un successo enorme. Era un argomento poco toccato, specialmente nell'Italia cattolica di allora". Rispetto al film la storia resta immutata. "Abbiamo solo spostato la vicenda dalla Milano industriale alla Roma 'palazzinara' - prosegue Ghini - Elvira ha sposato Alberto perché 'è bello e persino laureato'. Ma lui è un vero idiota. Un fascista che va dicendo 'quando c'era Lui… le donne stavano a casa, facevano i figli mica andavano a lavorare', e che ci riporta provocatoriamente a tempi di patriarcato cinico e violento". Soprattutto c'è quel confronto con Alberto Sordi. "E' il mio grande omaggio a quello che considero il mio Maestro, insieme a Nino Manfredi, Vittorio Gassman e Gian Maria Volontè - sorride Ghini - Non solo ho avuto la fortuna di conoscerlo, ma anche di 'farlo'. Era il 1999 e recitai nella pubblicità di un caffè diretta da Francis Ford Coppola: era il remake de Lo sceicco bianco di Fellini, di cui protagonista era stato Sordi. Girammo a Ostia con 200 persone di troupe e addirittura indossavo il costume originale del film. Un giorno me lo ritrovo davanti. 'Aho che me stai a fa' l'imitazione?'. Mi prese un colpo. 'No Maestro, la mia non è un'imitazione. È un omaggio', mi affrettai. La sua risposta fu più di un David di Donatello: 'Tu me la puoi fa'...'. Ci siamo rincontrati anche quando per i suoi 80 anni fu sindaco di Roma per un giorno. Ero consigliere comunale e gli feci da accompagnatore. La sera a cena capitammo allo stesso tavolo io, Sordi e Berlusconi. Che trio!", ride.
Ma perché Sordi, a più di vent'anni dalla morte, resta unico nella storia del cinema italiano? "Per un talento che condivide con Totò - risponde Ghini - Erano due comici non comici. Giocavano sui contrasti dell'umanità. I loro personaggi facevano ridere, ma non erano mai vittime, ma carnefici. Erano cattivi, di una cattiveria che metteva in discussione l'umanità e ne raccontava le miserie".
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