NOMENKLATURA - CHI COMANDA DAVVERO IN ITALIA, ROBERTO MANIA E MARCO PANARA (EDITORI LATERZA, 152 PP., 15 EURO) Uno stato nello stato che agisce dietro le quinte e che comanda davvero. E' l'esercito di consiglieri di stato, capi di gabinetto, responsabili degli uffici legislativi dei ministeri.
Sono loro a scrivere concretamente le leggi, loro ad autorizzare gli emendamenti. Finiscono con l'autorizzare gli atti del governo e a giudicarli poi nelle aule della giustizia amministrativa. E' la "Nomenklatura", quella che non viene eletta, sopravvive ai governi, è di fatto intoccabile ed ha assunto sempre più potere con la crisi della politica. E' un viaggio nel potere reale quello dei giornalisti di Repubblica, Roberto Mania e Marco Panara. Un'inchiesta alla ricerca del vero funzionamento della macchina amministrativa, che parte dal Consiglio di Stato, arriva a Palazzo Chigi e finisce al ministero dell'Economia. Il sistema passa anche dalle authority che, pur non elette, hanno accresciuto negli anni la loro influenza.
Palazzo Chigi - scrivono gli autori - è un mostro. Non è un palazzo, è una città. A guidare questa macchina infernale ci sono 300 dirigenti con una media assai generosa di 14 dipendenti per dirigente, che si sfidano nella corrida del preconsiglio dei ministri dove esplodono tutti i conflitti tra i ministeri. Il potere però - spiegano - è concentrato su tre figure, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il segretario generale e il capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi. Negli ultimi anni, con la crisi di credibilità della politica, il processo di ridefinizione del potere ha avuto un'accelerazione. Il governo Monti - ricordano Mania e Panara - ha evitato il default delle finanze pubbliche, ma non è stato la cura per il male italiano (e non solo italiano), quello che Noam Chomsky identifica nell'assenza di democrazia. Anzi, ha visto realizzarsi l'ascesa al potere politico di una parte della tecnocrazia.
Il politologo americano Nathan Gardels ha visto per queste vie prendere corpo una forma di "democrazia depoliticizzata", povera di ideologie, ma ricca di competenze. Sostiene che siamo in realtà governati da organi privi di qualsiasi legittimazione democratica diretta. Una democrazia oligarchica, concepita come sistema alternativo al nuovo populismo alimentato dal rancore verso la Vecchia Europa.
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