MICHELE GIUTTARI, 'CONFESSO CHE HO INDAGATO', (RIZZOLI - pp. 320 - 18 euro)
Ci sono le indagini sulla 'ndrangheta e sui sequestri di persona, ci sono le inchieste sulla camorra e sulle stragi di mafia del 1993, ma il cuore del libro non poteva non essere il racconto della vicenda del mostro di Firenze. Anzi, "dei mostri". Nella sua autobiografia, "Confesso che ho indagato", il poliziotto-scrittore Michele Giuttari racconta l'ultimo capitolo di una storia che, sostiene, a livello giudiziario non è stata scritta fino in fondo.
Quella trama Giuttari l'ha dipanata 'in presa diretta' molti anni fa, quando era capo della squadra mobile di Firenze. Furono le sue indagini a portare alle condanne di Mario Vanni e Giancarlo Lotti, i 'Compagni di merende' di Pietro Pacciani, che per primo era finito a processo per le otto coppiette uccise fra il 1968 e il 1985 nelle campagne fiorentine. Ma "il vero Mostro, il grande regista a cui Pacciani si era appellato per essere scagionato, continua a ridersela", scrive Giuttari, perché oltre a Pacciani, Vanni e Lotti, c'erano "altri personaggi", spiega, "personaggi intoccabili, per i quali si è dovuta muovere una ben attrezzata regia, che, attraverso i canali giusti, ha fatto di tutto per non far progredire le indagini". Però Giuttari ha un'idea precisa di chi siano "gli intoccabili". E nella sua autobiografia li evoca, li indica, li descrive, ripercorrendo i riscontri che via via ha accumulato.
Ma l'autobiografia di Giuttari non è solo 'mostro'. La sua avventura comincia nel 1978 in Sardegna, "tra disamistade e sequestri", per poi arrivare in Calabria, tra omertà e minacce, 'ndrangheta e rapimenti. La storia di Giuttari è la storia di un trentennio del nostro Paese raccontato 'per indagini'. Ma il libro è anche la descrizione del vero lavoro di un poliziotto.
Ci sono i pedinamenti, gli interrogatori, le intercettazioni, ci sono le notti passate a studiare un caso, fino all'alba, quando gli occhi bruciano - racconta Giuttari - e la schiena fa male.
E poi c'è il thriller. Perché l'autobiografia di Giuttari è scritta come un romanzo. D'altronde, da quando ha lasciato la polizia - in modo non indolore - quello di scrittore di gialli è diventato il suo primo lavoro. Giuttari, ricorda la quarta di copertina, "ha ricoperto incarichi alle squadre mobili di Reggio Calabria e Cosenza e alla Direzione investigativa antimafia di Napoli e Firenze. Come capo della squadra mobile di Firenze ha diretto le indagini sul Mostro. Tra i suoi libri: Scarabeo (2004), Il mostro. Anatomia di un'indagine (2006), Le rose nere di Firenze (2010), I sogni cattivi di Firenze (2012) e Il cuore oscuro di Firenze (2013), tradotti nelle principali lingue".
Nei rivoli secondari delle vicende del mostro, per alcuni aspetti delle sue indagini Giuttari ha avuto anche la ventura di passare dall'altra parte, quella degli imputati.
Nell'autobiografia il poliziotto scrittore racconta la sua esperienza giudiziaria. Un passaggio che non riesce a digerire.
Non a caso ha dato al suo libro anche un sottotitolo: "Autobiografia di un poliziotto scomodo".
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