EDOARDO NESI, ''L'ESTATE INFINITA'' (BOMPIANI, pp. 460 - 19,00 euro).
C'è, all'inizio di questo ultimo romanzo di Edoardo Nesi, un bel confronto tra vecchia e nuova imprenditoria inizio anni Settanta, tra la visione moderna e che guarda lontano del giovane Ivo Barrocciai e quella di suo padre, padroncino di una fabbrichetta di coperte (che si vendono, ma solo nel Veneto e a Napoli) che fatica a inseguire progetti e sogni del figlio, che gli parla di capannoni di migliaia di metri quadrati, di filati nuovi, di lana da comprare in Australia. Un dialogo che oggi bisogna leggere tenendo presente gli altri romanzi di Nesi, da ''Storia della mia gente'' con cui vinse lo Strega nel 2011 sugli anni della crisi, al precedente ''L'età dell'oro'' col Barrocciai che, trent'anni dopo, si ritrovava malato, fallito, senza soldi.
Nesi sta insomma costruendo una saga epica del piccolo industriale italiano, di cui questo ultimo romanzo è l'approdo più complesso e rivelatorio, che è una novità per la nostra letteratura che quando ha guardato all'industria, da Bilenchi a Volponi o Ottieri per arrivare sino alla più recente Avallone, si è interessata principalmente dell'operaio e se ha puntato su ''Il padrone'' lo ha fatto con il sarcasmo e la cattiveria di Parise. Allora questa storia complessa e articolata che supera le 400 pagine, oltre a coinvolgerci con le vicende dei suoi protagonisti -e ai Barrocciai c'è da aggiungere almeno l'ambizioso, piccolo impresario edile Cesare Vezzosi detto il Bestia e il muratore e capocantiere immigrato dall'Irpinia Pasquale Citarella- ci fa capire qualcosa di ciò che è successo alla nostra economia reale negli ultimi decenni, ci racconta il nostro paese da un punto di vista letterariamente inusuale ma rivelatorio, con una punta di divertimento con echi da commedia all'italiana, pur se con qualche lungaggine e inciampo.
Del resto lunghi e pieni di inciampi sono anche i lavori per il nuovo megacapannone del Barrocciai, modernissima fabbrica a due piani con tanto di grande piscina sul tetto, assegnati a Vezzosi che, a sua volta, li ha affidati a Citarella e che avrebbero dovuto compiersi in pochi mesi. E' estate, la temperatura sale, come quella della febbre che ha preso il paese in quegli anni tra improvvisazioni ambiziose e egoistica voglia di far saltare ogni regola per arricchirsi velocemente, per lasciarsi la miseria alle spalle, pur tra mille contraddizioni.
'Senza di loro l'Italia non sarebbe nulla'' - scrive Nesi - partono al lavoro la mattina presto e tornano stanchi quando fa buio ''per anni e anni, felici, senza neanche saperlo di essere felici'', con la coscienza di avere il futuro a portata di mano, di poterselo costruire, che è proprio ciò che oggi abbiamo perso e tanto ci appare chiaro leggendo queste pagine, col sottofondo di canzoni anni Settanta che fanno ormai tanta nostalgia. Un racconto di grande visione e, assieme, legato al quotidiano e al privato di ogni personaggio, seguito nelle sue manie, nelle esibizioni al tennis, nelle performance sessuali, magari nel proprio 'scotico', l'Alfetta, il Pagodino e le serate nei locali in della Versilia, inseguendo vite che vanno dagli anni intensi dell'adolescenza a quelli all'arrembaggio nel farsi padroni, ma ancora senza aver dimenticato la sapienza antica dell'artigiano, l'amore per ciò che si crea, come dimostrano i racconti in cui si parla di filati, di tessuti, di colori, tutte cose che Nesi conosce bene, imprenditore tessile anche lui nell'azienda a Prato del padre, chiusa nel 2004, per non farsi travolgere dalla crisi, la concorrenza sleale, il nero e la corruzione, quei germi neri che erano già insiti nell'avventura sregolata di quegli anni, con l'illusione di aver davanti un futuro senza fine, un'estate infinita.
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