/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Jana Karsaiovà, un romanzo su identità

Jana Karsaiovà, un romanzo su identità

sapersi abbandonare e abbandonarsi per ritrovare se stessi

ROMA, 22 marzo 2022, 13:35

(di Paolo Petroni)

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

- RIPRODUZIONE RISERVATA
- RIPRODUZIONE RISERVATA

JANA KARASAIOVA' ''DIVORZIO DI VELLUTO'' (FELTRINELLI, pp. 160 - 15,00 euro). ''Dora aveva seguito la propria strada, a volte per andare avanti bisogna abbandonare e abbandonarsi, a Katarìna adesso era chiaro'', è chiaro alla fine di un percorso iniziato appunto quando l'amata sorella Dora era scappata a vivere in America da sette anni, abbandonando la famiglia, in particolare la madre frustrata e che non capisce le figlie cui urla contro aspre frasi di delusione. Un percorso di abbandoni e separazioni che segnano questo intenso romanzo dal tocco lieve, scritto in italiano da questa slovacca quarantenne che ha vissuto a Bratislava, a Praga e poi in Italia, dove ha lavorato nel campo del teatro, anche come attrice. Sullo sfondo, ma con un suo senso preciso, c'è il ricordo degli anni del regime comunista e poi il dopo e il cosiddetto ''divorzio di velluto'' del primo gennaio 1993, la separazione tra Repubblica Ceca e Slovacchia, col complesso di inferiorità della seconda, cattolica e contadina, i cui abitanti son fatti oggetto di battute dai boemi con la loro forza della grande tradizione industriale e culturale praghese. Poi ci sono le varie separazioni, tutte sofferte, di quasi tutti i personaggi, per amori che finiscono, per viaggi, per la morte in un incidente nel caso dell'amico del cuore Lukas che chiuderà un cerchio, mentre si apre una nuova parabola, di speranza, per la protagonista Katarìna che si sente finalmente ''pronta'', che è anche l'ultima parola che chiude il libro.
    Il racconto sembra in alcuni momenti aver quasi un andamento corale ma a far da perno centrale è Katarìna, slovacca di famiglia popolare, con l'ombra dell'aborto vissuto in solitudine e i morbidi momenti finali del suo matrimonio con Eugen, ceco di ricca famiglia borghese, che, andato a lavorare in Inghilterra, l'ha tradita e la lascia. La narrazione procede intersecando più piani, andando indietro con i ricordi che tornano nel presente, un passato che va sciolto, come appunto il rapporto con Eugen, la cui memoria non l'abbandona nemmeno quando finisce a letto con un ragazzo pugliese, la notte di capodanno, in Italia. E' ospite di Viera, l'amica più cara che è diventata guida turistica a Bologna, dove è andata dopo essere stata abbandonata dalla sua amante, la loro ex insegnate in patria d'italiano Barbara D'Angelo, che a Parma si scopre ha un'altra vita e un marito. Il racconto, che termina all'inizio dell'anno nuovo, inizia invece a Bratislava, dove tutte sono tornate a casa per le feste di Natale e riprendono sostanza i ricordi della giovinezza di Katarìna in famiglia e con le amiche e la partenza per Verona di Viera.
    C'è insomma un passato comunque comune tra cechi e slovacchi, due paesi che restano uno a fianco dell'altro, come c'è tra le amiche disperse, tra sorelle lontane, tra marito e moglie, ed è questo che condiziona anche il futuro, che non può non essere fatto di sentimenti e intrecciarsi di rapporti che continuano e si ripropongono nel fluire della vita. Ma c'è anche una delusione per quel che è stato, per i cambiamenti che non hanno portato quel che si sperava e pesano ancora sul quotidiano, sulla ricerca di un'identità e un'indipendenza, come accade per la confusa modernizzazione forzata della Slovacchia, patria che prima dell'indipendenza non sembrava avere un'identità nazionale e in cui la storia di Katarìna è come si rispecchiasse.
    Un lavoro in cui il non detto conta più di ciò che appare esplicito, e questo non solo nella scrittura fine, a tratti poetica del racconto, ma pure nei rapporti tra i personaggi, giocati su accenni, un gesto, una frase, che sottendono psicologie e caratteri e situazioni profonde e significative.
    Questo anche grazie a quell'italiano limpido, netto, che gli stranieri sembrano trovare con naturalezza e che ha insita in questo caso la capacità di prendere le distanze da qualsiasi ombra di retorica e sentimentalismo. Una scrittura che è sostanza e non prescinde dalla coscienza della lingua come fattore essenziale nel rapporto col mondo, specie per ''spatriati'' come Viera o l'autrice stessa. ''Il modo in cui si osserva il mondo è determinato totalmente o in parte dalla struttura della propria lingua madre'', tanto che ''l'impatto della seconda lingua sul discente si definisce shock culturale'', come spiega Viera durante il suo esame di Glottodidattica, lei che in famiglia, per le origini dei genitori che ''non hanno mai parlato la stessa lingua'', e cresciuta divisa tra ceco e slovacco e ora parla italiano a Bologna: ''la lingua ti etichetta subito. Non voglio più sembrare una straniera'', spiega a Katarìna, dicendo di aver perso la lingua del padre quando se ne è andato e di poter lasciarsi oramai alle spalle anche quella della madre, e, girandosi emblematicamente di schiena, conclude ''e io ho scelto la mia''.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza