La Banca del Giappone (BoJ) lascia invariati i tassi di riferimento allo 0,50%, in linea con le stime degli analisti, e riduce le stime di crescita dell'economia, a fronte della attuale incertezza sul commercio globale, generata dall'imposizione dei dazi Usa, e le continue incognite che ne derivano.
La decisione giunge al termine della riunione di due giorni del comitato guidato dal governatore Kazuo Ueda, con il rapporto trimestrale che ridimensiona l'espansione del Pil allo 0,5% nell'anno fiscale in corso dalle precedenti stime di +1,1%, e allo 0,7% dal +1% nel 2026.
Dopo aver alzato i tassi a marzo dello scorso anno, per la prima volta dal 2007, mettendo la parola fine all'era dei tassi negativi, per poi aumentarli allo 0,25% a luglio, e nuovamente a inizio 2025, secondo gli analisti il percorso verso la normalizzazione della politica monetaria potrebbe richiedere ora più tempo del previsto.
Le crescenti tensioni commerciali dovute ai dazi Usa hanno provocato un'ondata di shock sui mercati finanziari, portando a un brusco declassamento delle previsioni di crescita globale del Fondo Monetario Internazionale. In primo luogo, secondo gli analisti, l'incertezza sui negoziati per contenere le tariffe spingono le grandi aziende esportatrici nipponiche a posticipare gli aumenti salariali, considerati dalla BoJ l'elemento decisivo per un ritocco del costo del denaro.
Un prolungamento dei tempi, inoltre, potrebbe innescare nuovi e indesiderati ribassi dello yen, che - oltre a provocare una accelerazione dell'inflazione attraverso l'aumento dei costi delle importazioni, attirerebbe le ire di Trump, che accusa il Giappone di deprezzare intenzionalmente la propria valuta per dare un vantaggio competitivo alle proprie esportazioni.
Nel rapporto trimestrale l'istituto prevede inoltre un tasso di inflazione al 2,2% nell'anno fiscale che termina al marzo 2026, in confronto al 2,4% stimato in gennaio. Il dato è rimasto al di sopra dell'obiettivo del 2% fissato dalla BoJ per tre anni consecutivi.
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