Il report indica che nel 2022
l'Italia ha complessivamente destinato alla spesa per
protezione sociale - pensioni, sanità e assistenza - 559,513
miliardi di euro, vale a dire oltre la metà di quella pubblica
totale (il 51,65%): valore pari circa il 30% del Pil che,
"contrariamente ai luoghi comuni che vorrebbero il nostro
welfare state poco generoso, ci colloca insieme a Francia e
Austria ai vertici delle classifiche Eurostat". Rispetto al
2012, e dunque nell'arco di un decennio, la spesa per il welfare
è aumentata di 127,5 miliardi strutturali (+29,4%): un aumento
ascrivibile soprattutto al capitolo "assistenza" che, si legge,
"sotto la spinta delle promesse di una politica in perenne
campagna elettorale e gonfiata anche dall'inefficienza di una
macchina organizzativa tuttora priva di un'anagrafe centrale
delle prestazioni, è cresciuta del 126,3%, a fronte del solo 17%
della spesa previdenziale".
Nel complesso, se per Inps e Inail si può parlare di
equilibrio, vale a dire di un sistema pensionistico e
assicurativo in grado di autosostenersi con i contributi versati
da lavoratori e imprese, lo stesso non può dirsi per assistenza
(circa 157 miliardi di euro), sanità (intorno ai 131 miliardi
l'importo della spesa) e welfare degli enti locali (circa 13
miliardi) che, in assenza di contributi di scopo, devono appunto
essere sostenuti attingendo alla fiscalità generale. Un totale -
si spiega - di oltre 300 miliardi di euro per il quale sono
occorse pressoché tutte le imposte dirette Irpef, addizionali,
Ires, Irap e anche 23,77 miliardi di imposte indirette, in
primis l'Iva.
Il 75,80% degli italiani dichiara redditi da zero fino a
29mila euro paga solo il 24,43% dell'Irpef e calcolando che ogni
dichiarante ha in carico 1,405 persone, l'imposta media versata
per cittadino al netto delle detrazioni è stata di 101,73 euro,
mentre per quello tra 15mila e 20mila euro (il 12,84% del
totale) ammonta a 1.761 euro che scendono a 1.254 per singolo
abitante, importo ancora una volta insufficiente a coprire anche
i costi pro capite della sola sanità.
"Non è corretto - sottolinea il presidente di Itinerari
previdenziali, Alberto Brambilla, descrivere l'Italia come un
Paese oppresso dalle tasse, poiché i contribuenti su cui grava
il carico fiscale e, di riflesso, anche il finanziamento del
nostro sistema di protezione sociale non è che uno sparuto
24,20% di contribuenti con redditi dai 29mila euro in su, i
quali da soli corrispondono il 75,57% di tutta l'Irpef".
"Un grande parte di italiani - conclude Brambilla - ne paga
così poche o non ne paga affatto da risultare totalmente a
carico della collettività. E' il ritratto di un Paese con una
forte redistribuzione principalmente a carico dei redditi sopra
i 35mila euro lordi l'anno, che peraltro non beneficiano, se
non marginalmente, di bonus, sgravi e agevolazioni, in assenza
di controlli su una spesa assistenziale che cresce a tassi doppi
rispetto a quella previdenziale»
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