"Un conto economico in chiaro scuro
quello che l'intelligenza artificiale si appresta a presentare
al nostro Paese. Da qui al 2035 l'Ia porterà una crescita del
Pil fino a 38 miliardi, pari al +1,8%, ma 6 milioni di
lavoratori sono a rischio sostituzione, mentre 9 milioni
potrebbero vedere l'Ia integrarsi con le loro mansioni. Per un
totale di circa 15 milioni di lavoratori sul totale esposti agli
effetti dell'Ia. Questi dati dimostrano come il paradigma vada
subito corretto: la persona va messa al centro del modello di
sviluppo con l'intelligenza artificiale al servizio dei
lavoratori e non viceversa». Così Maurizio Gardini commenta il
Focus Censis Confcooperative "Intelligenza artificiale e
persone: chi servirà chi?" Le professioni più esposte alla
sostituzione sono quelle intellettuali automatizzabili
(contabili, tecnici bancari); le professioni ad alta
complementarità, includono avvocati, magistrati e dirigenti.
Secondo il focus il grado di esposizione alla sostituzione o
complementarità cresce con l'aumentare del livello di
istruzione, come dimostra il dato secondo cui nella classe dei
lavoratori a basso rischio il 64% non raggiunge il grado
superiore di istruzione e solo il 3% possiede una laurea. Per
quanto riguarda le professioni ad alta esposizione di
sostituzione, la maggior parte dei lavoratori (54%) hanno
un'istruzione superiore e il 33% un diploma di laurea.
Le donne risultano più esposte rispetto agli uomini:
rappresentano, infatti, il 54% dei lavoratori ad alta
esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta
complementarità.
Il gap non è solo di genere ma anche nel confronto tra i
sistemi imprenditoriali dei paesi europei. Nel 2024, solo l'8,2%
delle imprese italiane utilizza l'Ia, contro il 19,7% della
Germania e la media Ue del 13,5%. Il divario è particolarmente
evidente nei settori del commercio e della manifattura, dove
l'Italia registra tassi di adozione inferiori alla media
europea.
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