L'occupazione che sale e i salari che
restano bassi "sono due facce della stessa medaglia: se il costo
del lavoro diminuisce, le imprese tendono ad assumere di più".
Così, alla Stampa, l'economista Tito Boeri. "La povertà è in
aumento proprio fra chi lavora. In molte imprese i lavoratori
vengono pagati molto meno del valore di ciò che producono. C'è
da cambiare il sistema di relazioni industriali. Contratti
rinnovati con troppo ritardo, contratti pirata che riducono il
potere del sindacato. E poi in Italia manca un salario minimo.
Certamente funzionerebbe per la fascia più bassa delle
retribuzioni".
"Abbiamo grandi differenze di produttività fra imprese e
Regioni. Imporre a tutti lo stesso salario con l'attuale sistema
centralizzato di contrattazione penalizza i lavoratori delle
imprese più produttive e rischia di togliere lavoro a chi vive
in aree a bassa produttività. Il potere contrattuale dei
lavoratori risiede nel poter dire al datore di lavoro che li
paga troppo poco: 'arrivederci, vado a lavorare per qualcun
altro'. La contrattazione centralizzata permette invece alle
imprese di coordinarsi nel pagare poco il lavoro".
"Da anni occorre una legge sulla rappresentanza. Se i salari
non si sono adeguati - sostiene - è per il ritardo nei rinnovi
contrattuali e il crescente numero di contratti nazionali di
associazioni non rappresentative, che praticano sconti salariali
fino al 40%". "Da decenni incentiviamo fiscalmente la formazione
senza preoccuparci di vedere se poi viene fornita - dice poi -
Il fatto più grave è che i nostri giovani più istruiti vanno
all'estero. Da noi sono pagati troppo poco".
I referendum, "fatto salvo quello sulla cittadinanza, sono
quesiti contro la storia. Irrigidire le regole non può che
peggiorare la situazione salariale". "In politica economica a
questo governo darei un 'senza voto': non stanno facendo nulla.
Temo invece l'attivismo sul fronte bancario, anche perché mi
sembra ispirato esclusivamente a logiche di potere".
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