"Abbiamo molto apprezzato le parole
di Mattarella. La questione salariale va affrontata con serietà
e senza demagogia, rinnovando in primo luogo tutti i contratti a
partire da quelli pubblici, aumentando la produttività e
redistribuendola su buste paga più pesanti e orari più lievi".
Così al QN la leader della Cisl Daniela Fumarola.
No al salario minimo per legge "perché in un Paese come il
nostro, in cui la contrattazione copre il 98% del lavoro, non
solo non risolverebbe il problema, ma lo amplificherebbe
trasferendolo sulle fasce medie, dove molte realtà sarebbero
tentate di uscire dalla contrattazione per attestarsi al minimo
normato in Gazzetta". La priorità è dunque "non fissare una
soglia minima indifferenziata, ma rafforzare i contratti
esistenti, rinnovarli e innovarli, potenziare la contrattazione
decentrata aziendale e territoriale, estendendola anche nei
settori in cui oggi manca. Dobbiamo qualificare l'occupazione
con la formazione e combattere lo sfruttamento: il lavoro nero,
il part-time involontario, i falsi tirocini e le finte partite
Iva. Su questi temi il salario minimo non avrebbe alcun
impatto".
Rispetto alla mobilitazione evocata da Landini della Cgil
sulla questione salariale "non è evocando la piazza che possiamo
affrontare la portata dei problemi che abbiamo davanti.
Partecipazione, contrattazione e concertazione rimangono per la
Cisl i pilastri di un riformismo che deve vedere uniti
sindacati, imprese e governo in una responsabilità comune".
Sui referendum Fumarola afferma: "E' sbagliato pensare di
governare il mercato del lavoro a colpi di referendum. Il Jobs
act, pur con i suoi limiti, ha introdotto strumenti importanti.
Pensare che abolendolo si risolvano le criticità del nostro
sistema-lavoro è illusorio: per certi versi le tutele
peggiorerebbero, come per le indennità ai licenziati".
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