Fallisce anche l'ultimo tentativo di Herbert Kickl, il leader del partito di estrema destra Fpo, di guidare il governo di Vienna dopo la vittoria elettorale dell'autunno scorso: anche i colloqui con i popolari dell'Opv si sono conclusi con un nulla di fatto e la palla torna in mano al presidente austriaco Alexander Van der Bellen, cui spetta ora decidere i passi successivi. Compreso il possibile ritorno alle urne, da molti osservatori data come l'ipotesi più percorribile.
L'Austria scongiura, almeno per ora, la prospettiva di un governo di ultradestra, il primo dal dopoguerra, ma sprofonda in un caos politico mai visto nel Paese. Dopo il naufragio delle trattative per un'intesa a tre con i Popolari, i Socialdemocratici e i Liberali, il Partito della libertà (Fpo), aveva provato la strada di un alleanza solo con i popolari dell'Opv. Ma nonostante un duro confronto e il tentativo di trovare una mediazione, attraverso una serie di proposte di concessioni sui ministeri da spartirsi, oggi è toccato allo stesso Kickl annunciare di dover gettare la spugna.
In una lettera a Van der Bellen, il leader del Partito della libertà ha puntato il dito contro i mancati alleati: "Nonostante le concessioni fatte su molti punti i colloqui purtroppo sono falliti", ha scritto mentre il leader del partito conservatore Övp, Christian Stocker, ribaltava le responsabilità stigmatizzato l'atteggiamento di Kickl e ribadendo le sue priorità.
La trattativa era iniziata in salita con i popolari, che da subito hanno messo sul tavolo i paletti di alcune garanzie come lo Stato di diritto, la difesa e l'europeismo. Ed è precipitata sulle poltrone, con l'Fpo che rivendicava i ministeri delle Finanze e dell'Interno, fondamentali per mettere in atto il suo programma populista, a cominciare dall'immigrazione.
Ora spetterà a Van der Bellen segnare la rotta, scegliendo tra diversi scenari, tutti con prospettive fragili. Il presidente potrebbe decidere di affidare un nuovo mandato per esplorare altre alleanze, ad esempio con i socialdemocratici dello Spo o i liberali dei Neos. Una eventuale coalizione dal futuro incerto, difficilmente stabile e con una maggioranza risicata, che potrebbe rendere ogni singolo voto cruciale per la stessa sopravvivenza del governo.
Tra le ipotesi anche quella di un governo tecnico, come accadde nel 2019 quando Van der Bellen nominò Brigitte Bierlein cancelliera a capo di un esecutivo di esperti. Ma anche in questo caso resterebbe il problema di una maggioranza parlamentare in grado di puntellare il lavoro dei tecnici. E, ancora, la possibilità di un governo minoritario, probabilmente Opv, che senza una maggioranza assoluta in Parlamento dovrebbe cercare alleanze con altri gruppi politici.
La configurazione più probabile - prevedono in questo caso gli osservatori - potrebbe vedere l'Övp alleata con Neos, con l'appoggio esterno di Spo o dei Verdi. Ma con il costante ricatto delle opposizioni. In un quadro così complesso i riflettori si puntano sulla probabilità di un ritorno alle urne: un voto anticipato (non prima di giugno secondo l'iter di convocazione elettorale) che rischierebbe però di riproporre lo scenario attuale con l'Fpo che potrebbe continuare a guadagnare consensi, mentre l'Ovp potrebbe subire ulteriori perdite. E senza, ancora una volta, una coalizione stabile e in grado di governare. Un puzzle difficile che ora Van der Bellen dovrà mettere insieme.
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