L'imposizione da parte del
governo statunitense di forti dazi sulle nazioni africane
potrebbe significare la fine anticipata dell'accordo commerciale
African Growth and Opportunity Act (Agoa), che lanciato durante
l'era Clinton negli anni '90, serviva a supportare lo sviluppo
di alcune economie africane permettendo un accesso preferenziale
esentasse ai mercati statunitensi.
Da ieri alcuni Paesi africani sono invece stati colpiti
duramente dalle tariffe annunciate dal Presidente degli Stati
Uniti, tra cui prelievi del 50% sulle merci provenienti dal
Lesotho, del 47% per il Madagascar, del 40% per le Mauritius,
del 37% per il Botswana e del 30% per il Sudafrica, il maggiore
esportatore del continente verso gli Usa. Molti dei Paesi più
colpiti dai dazi di Trump hanno a che fare con livelli di
povertà e di debito elevati e, in alcuni casi, con situazioni di
emergenza come scarsità di cibo e cicloni in Madagascar, e uno
dei tassi più alti al mondo di infezioni da Hiv/Aids in Lesotho.
Le tariffe si aggiungono allo smantellamento da parte
dell'amministrazione Trump di Usaid, l'agenzia governativa
americana che forniva sostanziali aiuti umanitari e di sviluppo
all'Africa.
L'accordo commerciale Agoa sarebbe dovuto essere rinnovato a
settembre, ma in una nota inviata ai suoi partecipanti
dall'African Coalition for Trade' con sede a Washington si legge
che "non c'è alcuna indicazione che le importazioni nell'ambito
dell'Agoa siano esenti dalle tariffe del 10%, per cui sembra
che, di fatto, le importazioni Agoa che in precedenza erano
esenti da dazi siano ora soggette a un dazio del 10%. Questo non
è ovviamente un segnale positivo per le prospettive di rinnovo
dell'Agoa".
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