Sono stati diciotto i franchi tiratori a fare lo sgambetto a Friedrich Merz, facendogli mancare la maggioranza necessaria, nel primo voto al Bundestag, per farlo diventare cancelliere. Un gruppetto di traditori, nascosto dietro il voto segreto, tra le file della sua stessa maggioranza, di quella "piccola grande coalizione" nata dal patto nero-rosso firmato lunedì a Berlino. Merz ce l'ha poi fatta nel secondo voto ma resta il giallo su chi gli abbia voltato le spalle.
I sospetti ricadono soprattutto sui malpancisti dell'Spd, dei quali il nuovo leader Lars Klingbeil ha spezzato le carriere e deluso le aspettative di tanti compagni, anche a livelli alti.
L'esempio più evidente di rottura è quello con la co-presidente Saskia Esken, che si è trovata a pagare l'intero prezzo della sconfitta elettorale del 24 febbraio scorso: nel mirino delle critiche da settimane, la co-reggente del partito non ha avuto alcun posto nel futuro gabinetto e al momento della firma dell'accordo di coalizione l'amarezza personale è trapelata anche dalle parole accorate sui meriti d Olaf Scholz e dal volto visibilmente teso. Dopo l'elezione, al secondo tentativo, la politica socialdemocratica che in Aula ha preferito un tailleur giallino invece del suo rosso abituale, ha però salutato il nuovo Kanzler con un bacio e la si è vista conversare a lungo con lui e con Klingbeil. Anche Hubertus Heil, ministro del Lavoro del governo del "Semaforo", non è stato confermato nel prossimo esecutivo, e si sa che i suoi rapporti con il vicecancelliere non siano dei migliori. Al di là delle ambizioni naufragate - a partire dall'ex cancelliere Scholz, che ha bollato come "assurdo" il tradimento arrivato in Aula ed è stato il primo a stringere la mano del suo successore - le distanze di alcuni socialdemocratici dal nuovo esecutivo si misurano anche sui contenuti. C'è chi non ha dimenticato l'asse di Merz con l'ultradestra di Afd sulla svolta sui migranti, prima delle elezioni. Una mossa infelice, che creò una gravissima perdita di fiducia nel candidato dei conservatori, soprattutto fra i socialdemocratici.
Anche nelle file dell'Unione però non sono pochi gli scontenti. Merz ha sacrificato a sua volta importanti associazioni regionali di partito. Entrambi i due nuovi alleati che da domani guideranno la Repubblica federale hanno cercato di promuovere il cambiamento, puntando su nomi nuovi nella squadra di governo. Mosse che hanno il loro prezzo. "Non sapremo mai quello che è successo", ha commentato il segretario generale della Cdu, Carsten Linnemann, e non gli si può dare torto.
L'elezione al secondo turno ha comunque rimesso le cose a posto.
Almeno in parte: Merz ha incassato 325 voti, ben oltre i 9 necessari, ma meno dei 328 su cui può contare la maggioranza Unione-Spd. Un segnale che non tutti i nodi sono stati risolti.
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