Circa i due terzi del totale della popolazione cristiana in Siria ha abbandonato il Paese nell'ultimo decennio, dall'inizio del sanguinoso conflitto nella primavera del 2011.
È quanto denuncia la Assyrian Democratic Organization (Ado), fazione legata all'amministrazione autonoma curda nel nord-est della Siria (Rojava), secondo cui si è passati dall'8-10% di prima della guerra civile a un dato odierno attorno al 3%.
La diminuzione della popolazione cristiana - di cui riferisce
un articolo di AsiaNews - appare evidente sin dalle aree a
maggioranza curda, come la regione di Jazira nel nord-est, dove
il numero è crollato da 150 mila a soli 55 mila. Tuttavia, il
calo riguarderebbe anche le aree sotto il controllo governativo
dove le difficoltà economiche, la mancanza di risorse,
l'impoverimento generale dovuto alle sanzioni e la pandemia di
Covid-19 hanno alimentato l'esodo.
Sul piano politico, invece, iniziano ad emergere iniziative
fra le varie fazioni cristiane improntate all'unità e alla
collaborazione, unica via per poter acquisire maggior peso
economico, sociale e istituzionale. Al riguardo, giungono
ulteriori conferme in merito alla decisione della Assyrian
Democratic Organization (Ado) e del Syriac Union Party (Sup) di
avviare colloqui e trattative fra le parti, nel tentativo di
"rafforzare la loro influenza nel Paese". Henna Sewime,
dirigente del Sup, ha dichiarato al sito di informazione curdo
Rudaw che i colloqui sono incentrati attorno a tre punti
fondamentali: l'unità dei cristiani, l'unità della Siria e il
riconoscimento dei cristiani nella futura costituzione del
Paese.
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