Le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, con la sentenza n.24823 del 2015 intervengono per la
terza volta in pochi mesi sulla questione del contraddittorio
preventivo. "Rispetto alle pronunzie precedenti, l'ultima è però
un passo indietro rispetto alla tutela delle garanzie del
contribuente italiano". A sostenerlo è l'Uncat, l'Unione
nazionale delle Camere degli avvocati tributaristi, la quale fa
notare che "se la verifica avviene per tributi armonizzati a
livello europeo come l'Iva, il contribuente ha sempre il diritto
di spiegarsi, altrimenti no: "cittadino" europeo, "suddito"
italiano; tributi europei di serie A e italiani di serie B. La
differenza è irragionevole".
"Anche l'applicazione su piano pratico - rileva il
presidente del comitato scientifico dell'Uncat, Umberto Santi -
è irragionevole perchè un unitario accertamento ai fini delle
imposte dirette e dell'Iva dovrà conciliare le contemporanee
maggiori garanzie per l'Iva e minori garanzie per le imposte
dirette, anche quando le diverse maggiori imposte siano basate
sul medesimo maggior imponibile".
Per questo Uncat auspica una interpretazione "che legga le
norme alla luce dei principi costituzionali di buona
amministrazione, ragionevolezza e uguaglianza" ma anche alla
luce del diritto di difesa che la sentenza comprime, limitandolo
alla difesa di giudizio ed escludendolo per la difesa nella fase
precontenziosa". Gli avvocati tributaristi auspicano
un'interpretazione "che non comprima i principi inchinandosi
alla lettera delle norme". In secondo luogo chiedono che i
principi e le garanzie del contribuente italiano "siano uguali,
sia comparando analoghe situazioni italiane, sia comparando
analoghe situazioni italiane ed europee". La linea - fanno
notare - è già stata tracciata dallo stesso legislatore sulla
delega fiscale.
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