L'obiettivo, la vera "sfida", è convincere Donald Trump che la soluzione migliore per tutti è la formula "zero per zero", azzerare i dazi per evitare danni tanto all'Unione europea quanto agli Stati Uniti.
È la scommessa, quasi l'azzardo, di Giorgia Meloni, che il 17 aprile farà il suo ingresso alla Casa Bianca per il primo incontro ufficiale con il presidente americano. Che ha già visto a tu per tu, anche a Mar-a-Lago. E che ora incontrerà puntando a portare a casa un risultato utile a Roma come a Bruxelles. "Dobbiamo lavorare con l'Unione Europea per definire un accordo positivo", dice la premier alle categorie produttive in allarme per le nuove tariffe commerciali. Pone l'accento più volte, nel suo discorso, sulla necessità di uno stretto raccordo con i 27 dopo che in questi ultimi giorni si sono fatti più intensi i contatti con Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione aveva già sottolineato che i buoni rapporti della premier italiana con il tycoon potevano essere utili in un momento in cui, peraltro, il negoziato Usa-Ue stenta a decollare. Le mosse andranno concordate, certo, e la premier dovrà riferirne l'esito al suo rientro da Washington, perché è la Commissione ad avere il mandato a trattate per conto dell'Unione. Ma ben venga qualunque tentativo, il messaggio recapitato a Roma.
Una scelta, quella di ancorare la sua azione a quella europea, che magari non convincerà al 100% Matteo Salvini, che aveva perorato fino a ieri una trattativa tutta italiana (e con la Lega che rilancia con una mozione la sua posizione nei confronti di Bruxelles, compreso l'indigesto RearmEu). Ma che certo non può dispiacere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che peraltro ha in agenda una visita di due giorni a Bruxelles il 20 e il 21 maggio, con il programma ancora da definire ma con una plenaria del Parlamento europeo già fissata proprio per il 21. Certo di qui a giovedì della prossima settimana, nelle analisi che si fanno ai piani alti del governo, la situazione potrebbe anche essere radicalmente diversa. Lo scenario è in continua evoluzione, l'interlocutore piuttosto imprevedibile. Ma fino ad allora potrebbe smuoversi qualcosa, aprirsi una trattativa con qualche altro Paese fuori dal Vecchio continente, che potrebbe essere un buon viatico per la missione italiana a Washington.
La grande incertezza di queste ore, uno dei ragionamenti che la premier porterà alla Casa Bianca, è di per sé elemento che danneggia non solo la finanza, con le borse di mezzo mondo sull'ottovolante, ma pure l'economia. Ed è interesse comune venire a un accordo. E se Meloni sa che è molto difficile che Trump abbracci oggi la prospettiva di "azzerare i reciproci dazi sui prodotti industriali esistenti", comunque accettare di sedersi davvero a un tavolo con l'Europa sarebbe considerato un successo. In parallelo la premier porterà avanti, come ha promesso alle imprese, anche la trattativa con Bruxelles, per allentare le maglie delle regole sugli aiuti di Stato in primis. E anche per liberare risorse, senza impattare sui conti pubblici, dalla revisione del Pnrr e dei Fondi di coesione. Niente Patto di stabilità, che pure continua a chiedere la Lega, nell'elenco della premier. Nel giorno in cui da Bruxelles è arrivato di fatto un secco no all'ipotesi di sospendere le regole fiscali modello Covid. Almeno per ora.
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