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Giardino intitolato a Sergio Ramelli, militante FdG ucciso

Giardino intitolato a Sergio Ramelli, militante FdG ucciso

Iniziativa a Catanzaro con il sottosegretario Wanda Ferro

CATANZARO, 27 aprile 2025, 20:53

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Sergio Ramelli non divide. Chi divide è chi lo rimuove, chi lo ignora, chi finge che la sua storia non sia degna di memoria. Noi, invece, affermiamo il valore della memoria condivisa. Una memoria non selettiva, non partigiana, non strumentale". Così il sottosegretario all'Interno, Wanda Ferro, di Fratelli d'Italia, intervenendo a Catanzaro alla cerimonia d'intitolazione di un giardino pubblico a Sergio Ramelli, lo studente diciottenne militante del Fronte della Gioventù ucciso a Milano a colpi di chiave inglese nel 1975 da militanti di estrema sinistra.
    Una memoria - ha aggiunto il sottosegretario Ferro - che insegna che non si può dividere il dolore in categorie politiche. E che la democrazia si difende con il pensiero, non con la violenza. E che la politica è passione, mai odio. Quello di Sergio Ramelli fu un delitto politico, premeditato, giustificato da una cultura dell'odio che ha prodotto decine di morti. Fu l'omicidio di un ragazzo indifeso, massacrato sotto casa, davanti agli occhi dei vicini, per quello che scrisse in un tema scolastico. Non era un violento, non cercava lo scontro, non agitava bastoni, non lanciava molotov. Sergio fu ucciso per quello che pensava.
    Quella stagione di violenza è lontana, ma ci sono inquietanti segnali di intolleranza che continuano a manifestarsi. Non con le spranghe, oggi, ma con il veto, con il silenzio imposto, con la censura ideologica. Ancora oggi, in alcune università italiane, c'è chi si arroga il diritto di decidere chi può parlare e chi no. Chi può salire in cattedra e chi deve tacere.
    Non possiamo accettare che si impedisca il libero confronto.
    Perché la violenza non è solo fisica: è anche culturale, è il rifiuto del dialogo, è l'imposizione del pensiero unico".
    Secondo Wanda Ferro, "ricordare Sergio Ramelli significa anche difendere la libertà. La libertà di pensare, di parlare, di dissentire, di partecipare. E significa anche educare i giovani a questa libertà, spiegando loro quanto può costare l'odio ideologico, e quante vite ha spezzato. Per troppi anni il nome di Sergio è stato rimosso, nascosto, scomodo. Perché evocava una verità difficile da ammettere: che nel vortice di odio e di sangue degli anni '70 ci sono state tante vittime tra i ragazzi della destra e nessuno li ha mai pianti pubblicamente. Oggi rendiamo onore a una delle pagine più dolorose della nostra storia nazionale. Oggi compiamo un gesto di memoria, di verità e di giustizia. Perché ricordare Sergio Ramelli non è solo un atto doveroso, è un dovere morale, civile e nazionale. E lo facciamo nel modo più nobile possibile: con le parole, con la riflessione, con la memoria storica. Ma anche con un gesto concreto: l'intitolazione di un giardino pubblico in suo nome, grazie all'impegno dell'Amministrazione provinciale di Catanzaro e del Comitato Sergio Ramelli".
   

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