"Il problema é generazionale, non dei calciatori. Il problema sono i nostri ragazzi. Bisogna che il governo trovi i fondi per campagne di sensibilizzazione ad hoc.
E poi é fondamentale coinvolgere di più i genitori. Perché se non si agisce prima, dopo i 14-16 anni é già tardi". Spostare l'attenzione dalla "morbosità" dei media e delle chat "pubblicate illecitamente" agli "esempi positivi" di chi ha sbagliato, ma poi si é adoperato per rimediare, é l'obiettivo dell'Aic, espresso dal presidente Umberto Calcagno, per minimizzare in futuro gli effetti del gioco d'azzardo in ambito sportivo.
"Il presupposto é che questi ragazzi hanno un problema di ludopatia, non hanno commesso illeciti" aggiunge. "Per loro che agiscono in ambito sportivo - dice ancora Calcagno - la funzione rieducativa della pena prevista dall'articolo 27 della Costituzione va addirittura potenziata".
Il riferimento alla Carta non é casuale, bensì la risposta al ministro per lo Sport e i giovani Andrea Abodi, che ha sollecitato la linea dura contro i giocatori coinvolti, fino all'esclusione dalla Nazionale. "Chi ha saldato i conti con la giustizia sportiva deve fare parte del nostro mondo in maniera completa", sottolinea Calcagno.
Ma il presidente dell'Aic non si ferma qui: "Nel 1982 avevo 12 anni e per me quel Mondiale vinto dall'Italia ha il volto di Paolo Rossi. Che 'Mundial' sarebbe stato senza di lui? In precedenza aveva sbagliato e pagato (con due anni di squalifica, ndr) - ricorda - Recuperare la sua storia all'azzurro fu un grande valore aggiunto, sportivo e umano".
E' questo un aspetto che sta molto a cuore all'Aic, parlando di giovani "che investono tanto" nella loro passione e devono fare i conti "con un ambiente che li valuta solo in base ai risultati", anche nelle famiglie.
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