L'ha seguita, ha passato al
setacciato il suo telefono, l'ha insultata e minacciata. Per tre
volte è stato violento. Ma non è mai stato condannato a causa di
lacune nelle indagini e di una giustizia troppo lenta, tanto che
i reati sono finiti in prescrizione. E' su queste basi che la
Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia,
accusandola di non aver fatto il necessario dopo la denuncia di
una donna contro l'ex compagno per stalking, molestie e
violenza. Nella sentenza, i giudici di Strasburgo lanciano un
allarme: il sistema giudiziario italiano, con i suoi ritardi e
le maglie larghe della prescrizione, lascia senza risposta
troppe vittime portando alla chiusura di un numero significativo
di casi, compresi quelli di violenza domestica.
La donna, il cui nome non è stato reso pubblico, si era
rivolta alla Corte di Strasburgo dopo anni di battaglie nei
tribunali italiani. Nel 2009 aveva denunciato alle autorità le
violenze subite fornendo anche un quadro dettagliato: nomi di
testimoni pronti a confermare la sua versione, date e orari
precisi degli oltre 2.500 messaggi ricevuti dall'ex compagno,
oltre alla miriade di telefonate. Ma la giustizia ha tardato a
muoversi: nel suo pronunciamento, la Cedu sottolinea che ci sono
voluti tre mesi solo per registrare la denuncia. Il rinvio a
giudizio dell'uomo è arrivato dopo altri quattro anni e la
sentenza di primo grado è stata pronunciata oltre sei anni dopo.
Non solo: "Sedici mesi dopo - evidenziano i giudici -, la Corte
d'appello lo ha assolto per i fatti commessi prima del 25
febbraio 2009, poiché all'epoca il reato di molestie non era
ancora in vigore, e ha dichiarato prescritti tutti gli altri
episodi successivi".
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