di Daniela Giammusso
Rassicuriamo subito i
tradizionalisti: "l'essere o non essere?" ci sarà. "Ah si -
promette Paolo Rossi - farò praticamente solo quello". Già
perché poi, Shakespeare permettendo, sarà decisamente il "suo"
"Amleto", popolare e funambolico, graffiante e illuminato,
quello che porterà in prima nazionale il 2 e 3 luglio al Teatro
Romano di Verona, primo titolo in cartellone del Festival
Shakespeariano della 73/a Estate Teatrale Veronese (anteprima
all'arena TSB- Prati del Talvera a Bolzano il 29 e 30 giugno).
Una versione riveduta e "scorretta" dell'epopea del principe di
Danimarca, firmata dallo stesso Rossi con la collaborazione
drammaturgica di Roberto Cavosi e le musiche dei Virtuosi del
Carso, dove però i personaggi principali ci sono tutti, in
presenza o solo evocati: il principe ossessionato dalla
vendetta, sua madre sposata all'usurpatore, il ciambellano
Polonio e Ofelia, la cui disperazione non lascia scampo (nel
cast Renato Avallone, Laura Bussani, Caterina Gabanella, Marco
Ripoldi, Chiara Tomei). Coproduzione Teatro Stabile di Bolzano,
Teatro Stabile del Veneto ed Estate Teatrale Veronese con Teatro
Miela - Bonawentura di Trieste, lo spettacolo è frutto della
persona esperienza di Rossi durante il lockdown. "Proprio come
Shakespeare - racconta all'ANSA - nel rispetto delle norme di
sicurezza, ho usato tutti gli stratagemmi possibili per andare
in scena. Anche in giro, in strada, nei cortili con uno stand up
Shakespeare e tanto Otello. Un'esperienza che mi ha molto
colpito. Tra gente che non è habituè delle sale, ho riscoperto
il teatro popolare, il più danneggiato dalla pandemia. Quello
che chiamano di serie B, per intenderci, ammesso che in Italia
esista un campionato di serie A". Da lì l'idea di affrontare in
modo diverso il ruolo teatrale per eccellenza, quello che ogni
attore sogna e teme. "In realtà - dice Rossi - Amleto è una di
quelle storie che nessuno conosce sul serio. Mi sono detto:
vediamo se si riesce ad andare a casa almeno cercando di capire
cos'è quell'essere o non essere. È una sfida a me stesso, ma
soprattutto al sistema - prosegue - Oggi il problema è recitare
non 'al' pubblico, ma 'con' il pubblico. Riportare il teatro a
essere un rito collettivo, un allegro processo, una riunione di
condominio. Anche una rissa, volendo, ma sempre un'arena". Primo
atto, dunque, sfondare la quarta parete, un po' come "osò" alla
fine degli anni Sessanta il suo Maestro Dario Fo. "Anche se lui
non credeva che si potesse fare anche con testi 'seri'. Per me -
prosegue - l'importante è che accada qualcosa, che si assista
all'atto creativo. Il nostro primo compito oggi è portare
conforto, in senso laico. Se poi riusciamo a infilarci anche
qualche domanda, meglio. Un altro problema post pandemia è che,
tra sovvenzioni e ristori, ci siamo dimenticati che chi ci
mantiene è il pubblico. Per me sono loro che contano. Certo, se
arriva la regina Elisabetta e mi vuole dare dei soldi me li
prendo. Ma se il pubblico una sera ha solo tot soldi, io gli
chiedo un po' meno". Di Shakespeare Rossi in passato ha già
affrontato in maniera 'canonica' La tempesta. Ma mai Amleto,
sfida per eccellenza per tutti i grandi, da Ermete Zacconi a
Vittorio Gassman, da Laurence Olivier a Kenneth Branagh. "Li ho
visti tutti in video - commenta - Oltre a Carmelo Bene, quello
che mi piace di più è il Richard Burton Off Broadway del 1964.
Fu accolto da critiche severissime perché parlava con accento
gallese. Ma questo mi ha dato l'idea per il mio Amleto: lo farò
tutto in inglese, lingua che non conosco per niente. Chi lo ha
visto in prova - ride - dice che potrei farlo ovunque, perché si
capisce tutto. Tranne che in Inghilterra. Ma se mi gira posso
farlo anche in italiano. Lo dico sempre ai critici: non venite
alla prima che se poi scrivete, una settimana dopo il pubblico
trova un altro spettacolo - ride ancora - Dentro ho buttato
tutto quello che mi veniva per libera associazione con l'opera.
La gente deve capire quello che dici e per me la cosa più bella
non è quando ti dicono 'bravo', ma 'grazie'. È un altro
brivido". Ma chi è oggi Amleto? "Può essere chiunque per la sua
ambiguità. Come l'Inno alla gioia di Beethoven - riflette -
tutti i regimi, da una parte o dall'altra, se ne sono
appropriati. Un po' come oggi con i temi del Covid: capisco i
tempi incerti, ma si può dire sul serio che Casa di bambola è
legato alla pandemia perché sta chiusa in casa?"
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