di Francesco Gallo
"La tv è stata la mia fortuna e, a
differenza di tanti altri colleghi, è stato un punto di partenza
non di arrivo. Sono infatti diventato professionista proprio per
essere stato scelto in un programma tv, ovvero a RICOMINCIO DA
DUE nel Novanta dopo essere stato a STASERA MI BUTTO. Insomma
grazie alla tv e alla forza che specie allora ti dava questo
mezzo ho deciso cosa fare". Parola di Neri Marcorè attore,
doppiatore, imitatore, conduttore tv e radiofonico
cinquantaseienne. Da allora è cambiato qualcosa? "A distanza di
anni confesso che la tv non è più il mio brodo anche se continuo
a farla, conduco su Rai Cinque ART NIGHT, programma di nicchia,
un po' il cugino di PER UN PUGNO DI LIBRI". Perché tanti
programmi culturali? "Non mi piacciono i programmi che non sanno
di niente - spiega - e per questo ho fatto sempre cose
culturali, ma ho partecipato anche a tanti programmi comici come
L'OTTAVO NANO o PIPPO CHENNEDY SHOW. Ed è proprio quest'ultima
tv che mi ha regalato la popolarità". E poi ci sono le serie?
"Questo è un discorso diverso. Ne ho fatte tante come TUTTI
PAZZI PER AMORE, QUESTO NOSTRO AMORE e PAPA LUCIANI, serie tv
che fanno numeri in genere molto più importanti dello stesso
cinema". Come è nata la presenza in QUANDO, ultimo film di
Walter Veltroni? "È tratto dal suo romanzo omonimo che avevo
letto in barca durante una traversata atlantica. Appena a terra
ho chiamato Veltroni dicendogli che mi era piaciuto molto e che
ci si poteva fare un film. E lui mi ha subito detto che lo stava
già facendo e mi avrebbe coinvolto. In QUANDO sono Giovanni, un
uomo di sinistra che si risveglia dopo 31 anni di coma dopo
essere stato colpito in testa durante i funerali di Berlinguer.
Ho dovuto interpretare un uomo con più di cinquant'anni che
intellettivamente ne aveva diciotto. L'Italia è cambiata
tantissimo dal 1984 al 2015 per cui la sfida era confrontarsi
con questo mondo in continua evoluzione senza far sentire il
peso della nostalgia. Quando si sveglia, è ovvio, trova un mondo
completamente diverso, però, ci tengo a dirlo, non è un film
nostalgico, ma casomai sulla speranza, sulla modernità". Che
rapporto ha avuto con la politica? "Anche con mio padre si
parlava di Berlinguer, ma in provincia è arrivato tutto in modo
più leggero. Nel bene e nel male non abbiamo sentito minimamente
gli anni di piombo. A quell'epoca poi erano tutti dei giganti,
c'erano Berlinguer, c'era Moro, c'era insomma una classe
politica con cui potevi non andare d'accordo, ma non mettevi mai
in discussione in quanto a preparazione". È vero che è passato
alla regia? "Sì é vero, ho fatto la mia prima regia di un film
che uscirà in autunno. Si chiama ZAMORA ed è tratto dal romanzo
omonimo di Roberto Perrone ambientato negli anni 60 a Milano. È
la storia del trentenne Walter Vismara (Alberto Paradossi), un
ragioniere che ama condurre una vita senza sorprese e che lavora
come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Da un giorno
all'altro la fabbrica chiude e si ritrova catapultato in
un'azienda avveniristica di Milano, al servizio di un
imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto". Nel
frattempo Neri Marcorè, che ha mille risorse, è a teatro dove
torna a confrontarsi con Fabrizio De André in un nuovo
spettacolo di teatro canzone che fa rivivere sul palcoscenico
"La buona novella", album pubblicato dall'autore nel 1969. Poi
dal 24 al 29 aprile sarà al fianco di Giancarlo Giannini nella
giuria del Montecarlo film festival, con Richard Anconina e
Nathalie Poza. A settembre riceverà il premio Comunicazione
della edizione del Festival della comunicazione di Camogli (7-10
settembre) dove porterà in scena il suo spettacolo "Gaber:
monologhi e canzoni".
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