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"Il successo unisce il Paese",
proclama Donald Trump, ma dove sta di casa il successo? Con il
presidente in tribuna a fare il tifo per i Chiefs (Patrick
Mahomes "grande quarterback", la moglie che "tifa per i Maga"),
il Commander in Chief ha lasciato prima della fine la partita in
cui gli Eagles di Filadelfia hanno demolito la squadra di Kansas
City 40 a 22 mandando in fumo il sogno di Mahomes del suo quarto
trofeo e il terzo consecutivo: qualcosa di mai successo nella
storia e men che meno per un campione di meno di 30 anni. Trump,
al suo fianco Mike Johnson, lo speaker della Camera, il Whip del
Senato John Barraso, la figlia Ivanka, la nuora Lara e il figlio
Eric, aveva cercato di capitalizzare sul pronostico che dava i
Chiefs sicuri vincitori e una narrativa che avrebbe visto un
quarterback afro-americano trionfare su un altro della stessa
razza, quasi che lui fosse l'imperatore di fronte ai gladiatori
del circo. Ha trionfato invece Jalen Hurts degli Eagles, una
squadra che nel 2018 si era disinvitata dalla Casa Bianca tra le
polemiche dei suoi giocatori pronti a inginocchiarsi all'inno
nazionale per le polemiche sul Black Lives Matter. Per gli
Eagles tifava oggi l'ex First Lady Jill Biden che aveva
accompagnato il nipote Hunter in una New Orleans blindata dopo
l'attentato di Capodanno a Bourbon Street e, come se non
bastasse, per la presenza del successore del marito. Tante le
celebrità sugli spalti: Tim Cook di Apple e Rupert Murdoch, la
cui Fox che quest'anno aveva avuto la diretta della partita,
Jay-Z con le figlie Blue Ivy e Rumi e ovviamente Taylor Swift,
la "First Girlfriend" fidanzata con il tight end dei Chiefs,
Travis Kelce che il prossimo anno a questo punto potrebbe
lasciare lo sport. Fischiata dal pubblico che decisamente
preferiva gli Eagles, Taylor è rimasta visibilmente spiazzata.
In viaggio verso New Orleans Trump ha sparato un ventaglio di
annunci: dal 9 febbraio, giornata nazionale del nuovo Golfo
d'America, a una nuova raffica di dazi sull'acciaio e
l'alluminio, un rilancio del Canada 51esimo stato Usa e l'addio
alla produzione dei penny, la monetina da un centesimo. L'half
time ha visto in scena il premio Pulitzer e Grammy Kendrick
Lamar che, affiancato da Sze e Serena Williams (la tennista che
come lui viene da Compton in California), ha usato il Super Bowl
per un nuovo attacco a Drake con il diss Not Like Us il
controverso track che accusa il rivale di pedofilia. Lamar non
ha usato i versi del brano più espliciti ma non si è tirato
indietro da quello che, in un gioco di parole, allude al fatto
che al rapper canadese piacerebbero le minorenni: "A Minor",
l'equivalente del La minore nel pentagramma anglosassone.
Nell'half time un personaggio vestito da Zio Sam vestito nei
colori della bandiera a stelle e strisce ha invitato Lamar, il
primo rapper premio Pulitzer, a controllare il suo show: "Troppo
ghetto". Ma e' stato all'insegna della diversita' tutto il
pre-game con l'interpretazione jazz di Star Spangled Banner del
premio Oscar e Grammy Jon Batiste e l'inno 'black' Lift Every
Voice and Sing della premio Grammi Ledise, piu' una serie di
numeri musicali in omaggio alla tradizione musicale di New
Orleans tra cui una brass band composta da sole donne.
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