"Non potevo essere il testimone che volevano contro Patrick.
Non sapevo chi fosse l'assassino
(di Meredith Kercher - ndr)": Amanda Knox lo ha ribadito nelle
sue dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d'assise
d'appello di Firenze.
L'americana, parlando in italiano e con un foglio in mano,
ha ripercorso le ore passate in questura a Perugia quando venne
arrestata per l'omicidio di Meredith Kercher al quale si è
sempre proclamata estranea e per il quale è stata
definitivamente assolta.
"Ero esausta, confusa, costretta a
sottomettermi" ha aggiunto. "Mi sono appartata per ricostruire
la mia sanità mentale" ha aggiunto riferendosi al memoriale
scritto in inglese e consegnato a una ispettrice prima di essere
portata in carcere. Ha spiegato di avere detto agli
investigatori di non poter ripetere davanti a una Corte quanto
detto la notte (interrogatori già dichiarati inutilizzabili).
"Ma loro erano troppo occupati ad arrestare un uomo innocente e
a dire davanti alle telecamere che il caso era chiuso" ha
sottolineato. "Ho chiesto un foglio di carta - ha proseguito - e
ho scritto quel documento. L'obiettivo era ritrattare. Non stavo
mentendo ma volevo capire se le immagini confuse che avevo in
testa fossero vere",
Knox ha definito la notte precedente all'arresto "la
peggiore della mia vita. "Pochi giorni prima - ha ricordato -
avevamo scoperto in casa la mia amica vittima di un orrendo
delitto. Ero sotto choc, esausta, senza casa e lontano dalla .
mia famiglia. Non ero mai stata così vulnerabile".
Nella dichiarazione spontanea si è soffermata sulle ore in
questura. "Mi hanno dato della bugiarda - ha affermato - e si
sono rifiutati di credermi. Mi hanno detto che c'erano prove che
mi collegavano al delitto. Ho cercato di ricordare quello che
non riuscivo a ricordare".
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