Si è aperto davanti alla Corte
d'assise d'appello di Trento il processo con giudizio abbreviato
nei confronti di otto imputati di associazione a delinquere di
tipo mafioso e sfruttamento del lavoro. Il procedimento è
scaturito dall'indagine "Perfido", sulle infiltrazioni della
'Ndrangheta nel settore del porfido in Trentino.
Davanti alla corte, presieduta dal giudice Eugenio Gramola,
sono comparsi, con i propri legali, gli imputati Giuseppe
Battaglia (ritenuto dall'accusa in un ruolo apicale nel
sodalizio e condannato in primo grado a dodici anni), la moglie
Giovanna Casagranda, il fratello Pietro Battaglia, assieme a
Mario Giuseppe Nania (considerato dagli inquirenti il "braccio
armato" e condannato a undici anni e otto mesi), Demetrio
Costantino, Antonino Quattrone, Domenico Ambrogio e Federico
Cipolloni. Nella sentenza di primo grado erano state disposte
delle pene complessive per 76 anni di reclusione.
Nel corso dell'udienza, in camera di consiglio, sono
intervenuti i legali delle parti civili, in rappresentanza dei
sindacati Cgil e Cisl del Trentino, della Provincia di Trento,
dell'avvocatura dello Stato (per il Ministero dell'interno,
della difesa, per il Cdm e per il Comune di Lona Lases), dei tre
lavoratori cinesi e delle associazioni Arci del Trentino e
Libera.
La Procura generale, rappresentata dalla sostituto
procuratore Maria Teresa Rubini, ha chiesto la conferma delle
condanne di primo grado, comprese le misure accessorie e la
revoca della sospensione condizionale concessa a Giuseppe
Battaglia e a Casagranda. Nel corso della giornata di oggi
interverranno anche alcuni legali della difesa, che invece
contestano ogni addebito nei confronti dei propri assistiti.
Il presidente della Corte ha fissato altre due udienze per
concludere gli interventi delle parti e per le repliche finali.
La sentenza è attesa per la fine del mese.
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