Papa Francesco torna a puntare il dito sui problemi di Roma. Anche se con toni meno perentori e più indulgenti che in altre occasioni, e con parole che si ha motivo di ritenere limate fino all'ultimo, ne ha parlato ancora oggi all'Angelus, nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni della città.
"In questa festa dei Patroni principali di Roma auguro ogni bene ai romani e a quanti vivono in questa città - ha detto colui che è anche il vescovo della Capitale -. Esorto tutti a reagire con senso civico dinanzi ai problemi della società".
Più volte, e con accenti anche più severi, il Pontefice ha manifestato la sua attenzione verso le difficoltà e il decadimento diffuso che gravano sulla 'caput mundi'. Meno di una settimana fa, nella visita di domenica scorsa alla parrocchia di Casal Bertone, aveva parlato della "nostra città affamata di amore e di cura, che soffre di degrado e abbandono". E anche nella visita in Campidoglio del 26 marzo scorso aveva esortato fortemente a far sì che a Roma "tanto splendore non si degradi" e a favorire "una rinascita morale e spirituale della Città".
Di "degrado" oggi il Papa non ha volutamente parlato, ma è noto quanto gli stiano a cuore non solo le condizioni materiali della città, la sporcizia, l'incuria e i disagi che sono sotto gli occhi di tutti, ma anche il contesto sociale, le povertà, le situazioni dei più fragili, le "guerre tra poveri" da lui stesso denunciate e di cui sono periodicamente preda le periferie. E a tutto questo ha invitato oggi a reagire "con senso civico".
Dopo la messa in San Pietro con la benedizione dei 'pallii' per 31 nuovi arcivescovi metropoliti di tutto il mondo - tre gli italiani -, all'Angelus Francesco ha anche detto che Gesù "guarda con tenerezza la sua Chiesa, la ama con fedeltà assoluta, nonostante i nostri errori e tradimenti". I Santi Pietro e Paolo, "fratelli nella fede, ci invitano a riscoprire la gioia di essere fratelli e sorelle nella Chiesa", ha osservato. Per il Papa, "in questa festa, che unisce due Apostoli tanto diversi, sarebbe bello che anche ognuno di noi dica: 'Grazie, Signore, per quella persona diversa da me: è un dono per la mia Chiesa'. Siamo diversi ma questo ci arricchisce, è la fratellanza".
"Fa bene apprezzare le qualità altrui, riconoscere i doni degli altri senza malignità e senza invidie - ha aggiunto -. L'invidia! L'invidia provoca amarezza dentro, è aceto sul cuore. Gli invidiosi hanno uno sguardo amaro. Tante volte, quando uno trova un invidioso, viene voglia di domandare: ma con che ha fatto colazione oggi, col caffelatte o con l'aceto? Perché l'invidia è amara. Rende amara la vita".
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