Offrire supporto psicologico e
educativo e garantire il sostegno immediato e a lungo termine
necessario a curare le cicatrici del trauma post-bellico delle
giovani ragazze rimaste senza genitori ospitate nella casa di
accoglienza delle suore del Buon Pastore di Ain Saadeh, sobborgo
a nord-est di Beirut. È questo l'obiettivo del progetto
sostenuto dalla Fondazione Roma, che ha scelto di confermare
così il proprio impegno in un Libano.
Il progetto è un tassello del più ampio piano di interventi
voluto dalla Good Shepherd International Foundation Ets (Gsif),
con un'esperienza decennale nel sostegno ai più vulnerabili in
oltre 35 Paesi, da anni in prima linea nel Paese accanto alle
suore del Buon Pastore, con progetti di cooperazione a vantaggio
soprattutto di minori e giovani e ora con interventi umanitari
d'emergenza e di ricostruzione. "Come Fondazione Roma - spiega
il presidente Franco Parasassi - vogliamo essere sempre in prima
linea in tutte quelle iniziative che rispondono ai bisogni delle
comunità vulnerabili e in difficoltà. La collaborazione con le
Suore del Buon Pastore e con Gsif, che da anni operano
instancabilmente in un contesto con molteplici criticità, è un
impegno che riflette la nostra volontà di dare risposte
tangibili e di offrire un supporto concreto a giovani ragazze
che hanno vissuto traumi profondi a causa del conflitto e della
perdita dei loro genitori".
"La grave emergenza determinata dal conflitto ha fatto
esplodere una vera crisi umanitaria in tutto il Paese: è
indispensabile assicurare il sostegno immediato a più di 10.000
persone delle località di Deir El Ahmar, e del quartiere di
Roueisset di Beirut dove operiamo accanto alle Suore del Buon
Pastore, portando beni di prima necessità, offrendo supporto
psicosociale e assistenza sanitaria, per soddisfare i bisogni
essenziali e promuovere la resilienza della comunità", spiega
Cristina Duranti, direttrice di Gsif.
"Questo rifugio rappresenta l'unico luogo sicuro, l'unica
casa che queste ragazze conoscono. Serve una corsa contro il
tempo per dare a queste ragazze, molte delle quali senza una
famiglia, un futuro migliore", racconta suor Antoinette Assaf,
responsabile della missione in Libano.
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