"In un tempo segnato dalle incertezze che la pandemia ci ha fatto riscoprire e che la terza guerra mondiale a pezzi continua ad accentuare" il dialogo interreligioso è "la via possibile della fratellanza, indica un percorso che si può fare insieme senza rinunciare alle proprie idee che compongono le rispettive identità".
Lo ha detto il Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, mons.
Paul Gallagher,
intervenendo alla conferenza "Dialogo e fratellanza
interreligiosa come garanzia della pace: il caso Albania", che
si è tenuta alla Pontificia Università Gregoriana.
L'Albania, dopo il periodo della dittatura comunista dove la
fede era stata totalmente esclusa dalla vita del Paese, ha
ritrovato un dialogo, un'armonia tra le diverse comunità e le
diverse fedi che è un esempio virtuoso, come evidenziato da Papa
Francesco nella sua visita apostolica a Tirana del 2014.
Nel decennale di questa visita e nel quinto anno dal
Documento sulla Fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi,
l'ambasciata di Albania presso la Santa Sede ha organizzato
questo evento anche alla luce dei tanti conflitti disseminati
nel mondo e della necessità di cercare vie per la pace.
"L'impegno dell'Albania per il dialogo e la fraternità religiosa
- ha sottolineato il ministro albanese per l'Europa e gli Affari
Esteri, Igli Hasani - offre speranza per un futuro pacifico,
caratterizzato da cooperazione, comprensione e rispetto
reciproco. Il suo approccio inclusivo e cooperativo può essere
un modello ispiratore per altre società che affrontano sfide
simili, evidenziando il potenziale di trasformazione del
rispetto reciproco e della cooperazione interreligiosa nella
promozione della pace e della stabilità".
Il caso Albania è stato illustrato dall'ambasciatrice
albanese presso la Santa Sede, Majlinda Frangaj. Nel suo
intervento ha sottolineato l'importanza del "pluralismo
religioso e culturale nel Paese". Una conquista che è passata
attraverso il martirio durante gli anni della dittatura di Enver
Hoxha che "ha distrutto chiese e moschee ma non ha indebolito
l'Albania e gli albanesi" che hanno costruito nei secoli quella
"fratellanza interreligiosa che è un modello per il resto del
mondo". "Nel caso dell'Albania esiste la convivenza pacifica
degli albanesi di diversa religione che non è un prodotto
dell'epoca moderna ma è una tradizione che viene dalla
profondità dei secoli. Le diverse credenze religiose, anche se
presentano caratteristiche e individualità particolari e
originali, non hanno mai portato dei conflitti come è successo e
succede ancora in altri paesi", ha rilevato la diplomatica. "Nei
secoli i patrioti albanesi si sono sforzati di diffondere lo
spirito dell'uguaglianza indipendentemente dal numero delle
credenze religiose che dovevano essere trattate e rappresentate
come uguali", ha sottolineato ancora Majlinda Frangaj.
All'evento hanno dato il loro contributo anche i professori
della Gregoriana Ambrogio Bongiovanni e Roberto Regoli, e Maria
Gabriella Belgiorno dell'Università degli Studi di Perugia. A
chiudere i lavori è stato Sokol Lulgjuraj, il direttore del
Centro di Collaborazione interreligiosa di Elbasan,
un'organizzazione fondata dai responsabili delle comunità
religiose (musulmana, ortodossa, cattolica, bektashi ed
evangelica) che da oltre dieci anni mette in pratica il dialogo
attraverso iniziative comuni.
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