Un mondo sempre più
"frammentato", in cui il "multilateralismo e le grandi
istituzioni internazionali che ne sono l'espressione, come le
Nazioni Unite, appaiono in profonda crisi, impotenti di fronte
alle guerre". All'interno dei singoli paesi, poi, le società
sono sempre più "polarizzate e attraversate da crescenti
tensioni". In questa realtà come cogliere segni di speranza? La
domanda è stata al centro dell'intervento del preside di Scienze
politiche e sociali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore,
Andrea Santini, che ha introdotto nei giorni scorsi il convegno
promosso dalla Facoltà nell'ambito dell'iniziativa d'Ateneo
sulla Speranza nell'Anno Giubilare, nata con l'intento di
raccogliere l'appello della Spes non confundit di Papa Francesco
a "rianimare la speranza".
"Tra i classici oggetti di studio delle discipline politiche
e sociali rientrano proprio alcuni segni concreti di speranza
indicati da Papa Francesco nella Bolla di indizione del
Giubileo, tra cui l'impegno per la pace e la costituzione di
nuovi modelli sociali", ha sottolineato il preside Santini.
Per Piero Benassi, ambasciatore, già rappresentante
permanente d'Italia presso l'Unione europea, "la situazione
odierna interpella la diplomazia, come poche volte è successo
nell'ultimo secolo". Benassi ha anche sottolineato che l'Europa
è "un grandissimo soggetto di politica internazionale". E questo
grazie a quegli strumenti che sono divenuti anche un modello: il
potere regolamentare dell'Unione europea, l'esistenza di un
mercato unico, una politica commerciale di portata planetaria.
Oggi però tutto questa non basta: l'Europa è chiamata a fare un
"salto di qualità" anche sulla difesa. Questione che divide
l'Occidente come anche la cooperazione internazionale. "Ne è un
esempio la decisione degli Stati Uniti di cancellare circa l'80%
degli aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo che da
decenni fornisce a decine di paesi in tutto il mondo. Una scelta
che potrebbe essere replicata anche da altri Stati", ha
avvertito Fabio Melloni, consigliere tecnico per la cooperazione
allo sviluppo, presidente della Fondazione Imagine Esg. La
speranza potrebbe essere messa a dura prova ma "durante la mia
attività ho conosciuto persone che mi hanno fatto capire che la
cooperazione è inventiva, creatività, sperimentazione di idee",
ha aggiunto sottolineando che le università sono il luogo ideale
per formare "costruttori di pace" e "generatori di sviluppo".
Per Riccardo Redaelli, docente di Storia e istituzioni
dell'Asia, la pace non è semplicemente "assenza di conflitti" e
neppure "ricerca di una tregua a tutti i costi". È soprattutto
"rimuovere le radici stesse del conflitto". Per Simona Beretta,
docente di Politica economica, "la speranza di cui abbiamo
bisogno e che fa bene al mondo" deve avere in sé buone dosi di
"razionalismo e realismo". Infine si impone la necessità di
ascoltare la voce dei migranti; per Laura Zanfrini, docente di
Sociologia generale, "far parlare i migranti significa
umanizzarli, interpretare in maniera corretta la diversità e
riscoprire i valori delle nostra società, al di là della
omogenea rappresentazione su cui queste sono state costruite,
cogliendo così il potenziale generativo del pluralismo". Infine
il contributo del sociologo Mauro Magatti il quale "la speranza
aiuta non solo a pensare ma anche ad agire diversamente".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA