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Trovata una mutazione genetica all'origine della cecità nei cani

Trovata una mutazione genetica all'origine della cecità nei cani

Si trova sullo stesso gene che nell'uomo causa danni più gravi

ROMA, 11 aprile 2025, 15:01

Redazione ANSA

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

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È stata trovata una nuova mutazione genetica nei cani che è all'origine dell'atrofia progressiva della retina, una malattia che provoca una perdita progressiva della vista fino alla cecità: si trova sullo stesso gene, chiamato Gtpbp2, che nell'uomo è alla base di conseguenze molto più gravi, che comprendono, oltre ai danni alla retina, anche alterazione dello sviluppo intellettivo e anomalie neurologiche.
    La scoperta, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, si deve alla collaborazione tra Università della Pennsylvania e Università di Padova, e costituisce il primo passo verso l'individuazione di una possibile terapia.
    La nuova mutazione, che causa la perdita di un singolo amminoacido nella proteina codificata dal gene Gtpbp2, è stata inizialmente rilevata in tre cuccioli di Labrador retriever analizzati nel laboratorio dell'Università americana. Per capire il meccanismo con il quale la mutazione provoca la malattia, nell'Ateneo italiano sono state poi riprodotte le forme normali e alterate della proteine coinvolta.
    "Abbiamo notato che la proteina mutata cambia drammaticamente la sua localizzazione nelle cellule - dice Roberta Sacchetto dell'Università di Padova, co-autrice dello studio coordinato da Leonardo Murgiano e Gustavo Aguirre dell'Università della Pennsylvania - e si accumula in maniera anomala". L'analisi si è poi allargata fino a includere 670 Labrador: tra questi sono stati identificati 16 portatori della mutazione, tutti appartenenti all'allevamento da cui è partito lo studio.
    Nell'uomo, mutazioni del gene Gtpbp2 sono associate alla sindrome di Jaberi-Elahi, una patologia rara molto più grave.
    "Quella che abbiamo riportato nella ricerca è una variante che sembra essere meno grave nei cani rispetto a quella riscontrata negli esseri umani", commenta Sacchetto: "Forse ciò è dovuto al fatto che si verifica in una regione diversa della proteina, più vicina alla sua parte terminale".
   

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