Costi eccessivi, dipendenza da Paesi
instabili, mancanza di tecnologie. Sono le tre ragioni che
probabilmente impediranno il raggiungimento degli obiettivi
sull'idrogeno dell'Unione europea al 2030. Lo sostiene la
ricerca "H2 Reality Check" di Cassis (centro studi sulla
sicurezza dell'Università di Bonn) ed Ewi (società di
reclutamente personale per infrastrutture e rinnovabili).
L'Ue ha fissato un obiettivo al 2030 di elettrolizzatori per
40 Gigawatt di capacità, una produzione interna di idrogeno
verde di 10 milioni di tonnellate e una importazione di altri 10
milioni. L'idrogeno verde è quello prodotto a zero emissioni,
con l'elettrolisi dell'acqua e l'elettricità da rinnovabili.
Serve a decarbonizzare i trasporti (treni, aerei) e le industrie
energivore. Si distingue dall'idrogeno blu, prodotto dal metano
con emissione di Co2.
Secondo lo studio di Cassis ed Ewi, ci sono tre ostacoli al
raggiugimento di questi target. Il primo sono i costi:
l'idrogeno verde rimane molto più caro dell'idrogeno blu. Il
verde costa dai 4,5 ai 6,5 euro al chilo, contro i 2,5 - 4 euro
al chilo del blu.
Il secondo ostacolo è la dipendenza da paesi instabili. Il
60-70% delle importazioni Ue di idrogeno verde verrà da regioni
insicure come il Nordsafrica e il Medio Oriente, oppure passerà
per stretti marittimi a rischio come Hormuz o Bab el-Mandeb.
Il terzo e ultimo ostacolo è la mancanza di tecnologie.
Soltanto il 35 dei possibili usi industriali dell'idrogeno ha
una reale maturità tecnologica, può essere effettivamente
adottato.
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