ROMA - Arrestati, picchiati, torturati dopo interminabili viaggi attraverso il deserto e infine gettati in una fossa comune: è successo, ma è solo l'ultimo episodio di una lunga serie, a 28 migranti subsahariani trovati morti in una fossa comune in Libia. Passare indenni dal Paese, tra sfinimento, arresti, rapimenti e scontri tra milizie, è sempre più difficile, e poi a chi ci riesce tocca l'ultima sfida del mare. I corpi dei 28 migranti sono stati scoperti dalle autorità libiche nel distretto sud-orientale di Kufra, in Cirenaica, nel sud-est del Paese, vicino a un sito in cui sarebbero stati detenuti e torturati centinaia di disperati come loro.
Settantasei di questi, presenti nella struttura e ancora vivi, sono stati liberati. L'ufficio del procuratore generale ha affermato che la fossa è stata trovata dopo un raid in un centro di detenzione illegale dedito alla tratta di esseri umani. I rapporti riferiscono che l'operazione ha avuto luogo sabato sera. L'operazione di polizia avrebbe preso di mira "una gang i cui membri hanno deliberatamente privato gli immigrati clandestini della loro libertà, li hanno torturati e sottoposti a trattamenti crudeli, umilianti e disumani", ha affermato la Procura libica in una dichiarazione. I corpi erano stati "seppelliti nelle vicinanze del luogo di detenzione" e tre persone sono state arrestate: "un libico e due stranieri", ha aggiunto. Le foto pubblicate insieme alla dichiarazione sui social media mostrano migranti emaciati con cicatrici in volto, sulle mani, sui piedi, sul dorso, segni inequivocabili di tortura. A Kufra, una oasi in mezzo al deserto della Cirenaica, regno del generale Khalifa Haftar, a poche decine di chilometri dal confine egiziano, da tempo si fa commercio di esseri umani: lo ha denunciato a più riprese l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim) delle Nazioni Unite, che da tempo rimprovera alla stessa Libia e ai Paesi di destinazione finale politiche insufficienti ad evitare lo strazio dei centri di detenzione e delle bande che ricattano famiglie già martoriate con la minaccia di non vedere mai più i propri cari salvo un riscatto per molti semplicemente irraggiungibile. A Kufra arrivano in tanti, pochi riescono poi ad arrivare sulla costa, distante appena 300 chilometri dall'Italia. L'oasi, un tempo crocevia di eserciti e commerci, è oggi una sosta obbligata per i migranti provenienti dalla costa orientale dell'Africa e del Vicino Oriente: Sudan, Etiopia, Eritrea e non solo. Negli ultimi anni è diventata un punto di raccordo tra le organizzazioni criminali dedite al trasporto illegale di migranti e chi cerca braccia da lavoro a basso prezzo. Chi vi arriva, spesso non ne esce più.
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