Rafforzare la vocazione al contemporaneo della città con iniziative pensate appositamente dai protagonisti dell'arte del nostro tempo e creare una relazione diretta con la cittadinanza invitando artisti di alto profilo a intervenire in piazze, strade, chiostri, quartieri contribuendo così ad alimentare un processo di riqualificazione urbana.
In questo percorso si inserisce 'Lacrime di
coccodrillo', installazione di Francesco Vezzoli, da oggi
visibile in via permanente nelle prigioni del Maschio Angioino.
"E' un'opera di un grande artista che si colloca perfettamente
nel contesto e nella storia del castello - ha detto il sindaco,
Gaetano Manfredi - Il coccodrillo fa parte dell'iconografia di
questo luogo e della città.
Inoltre l'installazione guarda al
tema della difesa e della protezione dei valori archeologici
della città e della loro storia". L'installazione rientra nel
progetto del Comune 'Napoli contemporanea', curato da Vincenzo
Trione, consigliere del sindaco per l'arte contemporanea e
l'attività museale. "Quest'opera salda con efficacia il legame
tra la storia della città e lo sguardo contemporaneo, rinvio a
mitologie lontane e sensibilità postmoderna - ha spiegato Trione
- e proprio a questi intrecci tra tempi diversi rimanda la
scelta di contaminare in maniera misurata e rispettosa gli spazi
del Maschio Angioino con una serie di inciampi visivi
contemporanei: prima l'elmo di Mimmo Paladino e ora il
coccodrillo famelico di Vezzoli". Un coccodrillo torna così 'ad
abitare' i sotterranei del castello di Napoli: leggenda vuole
che qui si nascondesse un coccodrillo portato dall'Egitto dalla
regina Giovanna II e che fosse solito sbranare i prigionieri.
"Il messaggio di quest'opera è il rispetto che si deve alla
storia - ha spiegato l'artista - il coccodrillo vorrebbe
sbranare nelle sue fauci una testa originale antica che proviene
dagli scavi di Palmira, dove noi sappiamo che sono stati
compiuti scempi da parte di persone che non avevano alcun
rispetto della storia. Dunque mi sono sentito autorizzato ad
usare una belva e un vero reperto storico per costruire una
metafora visiva del rispetto che tutti dobbiamo avere verso
l'archeologia".
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