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Al Teatro Nuovo 'La semplicità ingannata' di Marta Cuscunà

Al Teatro Nuovo 'La semplicità ingannata' di Marta Cuscunà

Giovani donne che,nel Cinquecento, rivendicarono la loro libertà

NAPOLI, 17 febbraio 2025, 14:15

Redazione ANSA

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È possibile che una tematica antica di secoli, come la 'monacazione forzata', diventi fulcro di uno spettacolo teatrale dai risvolti attuali? È la sfida raccolta da 'La semplicità ingannata. Satira per attrice e pupazze sul lusso d'esser donne', lavoro di Marta Cuscunà, in scena da giovedì 20 febbraio alle ore 21 (repliche fino a domenica 23) nel Teatro Nuovo di Napoli.
    Presentato da Centrale Fies e Operaestate Festival Veneto, racconta come nel Cinquecento un gruppo di giovani donne lottò contro le convenzioni sociali rivendicando libertà di pensiero e di critica nei confronti della cultura maschile.
    'La semplicità ingannata', sottolinea una nota, "è liberamente ispirata alle opere letterarie di Arcangela Tarabotti e alla vicenda delle Clarisse di Udine, che attuarono una forma di resistenza davvero unica, trasformando il convento in uno spazio di contestazione, libertà di pensiero e di dissacrazione dei dogmi religiosi e della cultura maschile, con un fervore culturale impensabile per l'universo femminile dell'epoca".
    L'Inquisizione cercò con forza di ristabilire un ferreo controllo su di loro, ma le monache riuscirono a resistere per anni facendosi beffe del potere maschile e creando una sorprendente microsocietà tutta al femminile, in un tempo in cui le donne erano escluse da ogni aspetto politico ed economico della vita.
    "Ho cercato di raccontare - spiega Marta Cuscunà - alcuni aspetti di questa vicenda attraverso analogie che li rendessero più vicini a noi. Per questo, concetti come 'eresia' o 'dote' assumono, nello spettacolo, anche significati altri, più ampi di quelli letterali, nel tentativo di guardare, oggi, alla 'monaca forzata' come simbolo non esclusivo della condizione femminile nel suo complesso. Una condizione che ha ancora bisogno di riscatto".
    Lo spettacolo è un fitto monologo interrotto solamente dalle voci delle sei "pupazze" in scena, rappresentanti le Clarisse.
    Queste marionette sono espressione della forte componente visuale che caratterizza il teatro di Marta Cuscunà. Non è un documentario, si evidenzia, "ma un progetto artistico dove il teatro è anche la possibilità di considerare il dato storico come un punto di partenza per un racconto che abbia come soggetto la società contemporanea.
    La storia della loro rivendicazione di una libertà di pensiero e di azione è il secondo capitolo di Resistenze femminili, una trilogia di spettacoli scritti e interpretati dall'artista friulana, i cui due altri allestimenti sono È bello vivere liberi e Sorry boys".
   

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