Sembra aprirsi uno spiraglio per il confronto tra i professionisti della sanità privata convenzionata, il ministero della Salute e le associazioni datoriali verso il rinnovo di un contratto collettivo dei medici del settore che manca da 20 anni, e che dovrebbe sanare un gap di retribuzione del 50% rispetto al pubblico. Un percorso lungo, che il ministero si è impegnato a iniziare la settimana prossima attraverso una serie di incontri con le associazioni datoriali, Aiop e Aris, e la Confederazione italiana medici ospedalità privata (Cimop) in vista di un tavolo congiunto.
Lo sviluppo arriva al termine di una giornata cominciata con la manifestazione dei medici Cimop sotto la pioggia fuori dalla sede del ministero della Salute a Roma, e conclusasi con l'incontro tra una delegazione Cimop - composta da Carmela De Rango (segretaria nazionale), Giuseppe Musolino (presidente), Paola Calcagno (segretaria regionale Lazio) e Rossella Fortuna (segretaria amministrativa nazionale e segretaria per le Marche) - e Stefano Moriconi, Capo segreteria tecnica del ministro, e Luigi Patacchia, dirigente dell'ufficio di Gabinetto.
"Per il dumping salariale tra pubblico e privato convenzionato, che viola l'art.36 della Costituzione, valuterei anche il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo", ha dichiarato Guido Quici, presidente della federazione Cimo-Fesmed (che comprende Cimop), nel corso della mobilitazione. De Rango ha affermato che il settore è stato finora "ostaggio delle associazioni datoriali e del ministero", non deciso a "porre rimedio a questa situazione vergognosa". I medici delle strutture convenzionate "hanno una retribuzione di 37-60mila€/anno lordi, la metà rispetto al pubblico, pur svolgendo le stesse attività", ha continuato, chiedendo "vincoli di accreditamento". Musolino ha inoltre ricordato come siano "20 anni che Aiop non rinnova il contratto, una cosa fuori dal mondo" visto che "nel 2020, dopo un percorso di 5-6 anni con Aiop e Aris, era stato definito un contratto innovativo che però Aiop non ha sottoscritto, chiedendo invece al ministero la copertura finanziaria integrale. Che comunque andrebbe subordinata al rinnovo".
I medici del privato convenzionato sono "l'unica categoria senza un contratto", ha confermato il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, secondo cui ciò costituisce "un vulnus rispetto alla rappresentazione democratica sul lavoro dei professionisti", non proprio una minoranza. "La parte convenzionata - ha sottolineato Anelli - rappresenta il 40% delle strutture, un pezzo fondamentale del Sistema che garantisce il diritto alla salute dei cittadini".
"La sanità privata si trova in una posizione privilegiata per poter sviluppare soluzioni orientate a personalizzazione delle cure, prevenzione, miglioramento dell'esperienza del paziente", sostiene il direttore generale dell'Associazione imprese sanitarie indipendenti (Aisi) Giovanni Onesti, cui fa eco la presidente Karin Saccomanno: "Il settore deve essere in grado di affrontare le sfide poste dall'inflazione e dalle modifiche normative senza mai perdere di vista la qualità dei servizi offerti". Sostegno a Cimop anche dalla deputata Pd Ilenia Malavasi, che chiede alle associazioni datoriali "maggiore responsabilità sociale nei confronti degli operatori del settore" e che il contratto sia "immediatamente rinnovato e applicato in tutte le aziende" .
Si valuta il ricorso a Corte europea dei Diritti
"Il dumping salariale tra pubblico e privato convenzionato, con i dirigenti di quest'ultimo che hanno retribuzioni della metà rispetto al primo, viola l'art.37 della Costituzione. Valuterei, per questo, anche il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo". Così Guido Quici, presidente della federazione Cimo-Fesmed, nel corso della manifestazione Cimop.
"Vi è una netta differenza tra colleghi che hanno le stesse responsabilità. Il lavoro è sempre di più", osserva Quici, evidenziando: "se è vero che c'è una fuga da pubblico a privato, qui può anche succedere l'inverso dato che siamo sottopagati. Il ministero ha disatteso le promesse, credo perchè lobby economiche piu forti impediscono di definire i contratti di lavoro. I soldi vanno all'imprenditore e non ai lavoratori".
"C'è stata una convocazione al ministero per organizzazioni che però non sono rappeesentative, e quando ci si è mossi per parlare del contratto della dirigenza si è detto che si sarebbe dovuto parlare solo del comparto". Non si capisce, conclude, "perche convocare i sindacati della dipendenza, in merito alla dirigenza, per poi non parlare della dirigenza". Per Quici "il ministero ci riceverà, ma non si concluderà molto se il datore di lavoro non si decide a chiudere i contratti. Occorreranno nuove forme di lotta, e non escluderei un ricorso alla Corte europea".
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