"In tempi di incertezza economica,
i consumatori tendono ad essere più oculati: spendono meno,
evitano i beni di lusso e vanno meno spesso al ristorante. Ma
per capire davvero cosa sta accadendo, bisogna guardare oltre il
vino: il concetto di 'dazio universale' sta impattando l'intera
catena di fornitura, la globalizzazione e il mondo del business
nella sua totalità", afferma Charles Lazara, Ceo di Volio,
commentando a Vinitaly i dazi annunciati dal presidente Usa
Trump. "Negli Stati Uniti - precisa il giovane importatore di
vini made in Italy - operiamo con un sistema a tre livelli: gli
importatori come noi pagano i dazi doganali all'arrivo del vino,
costi che ricadono interamente sulle aziende americane, a causa
della normativa sull'alcol. Il dazio non viene semplicemente
trasferito, ma si accumula lungo la filiera. Questo costo viene
addebitato ai distributori, che aggiungono il loro margine, e lo
stesso fanno i rivenditori e i ristoratori. Questo significa che
ogni dollaro di dazio diventa molto di più al momento
dell'acquisto finale", spiega. "Il risultato è un inevitabile
aumento dei prezzi al consumo. E il problema è che il
consumatore americano, pur curioso e aperto alle novità, è molto
più fedele - sottolinea - a una fascia di prezzo che a
un'etichetta. Se il loro vino preferito supera quella soglia,
non lo seguiranno: cercheranno qualcosa di nuovo che rientri nel
budget", conclude Lazara.
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