BRUXELLES - Prima l'annuncio in pompa magna con al suo fianco Benjamin Netanyahu, poi l'ufficializzazione parlamentare: in meno di un mese l'Ungheria fa un ulteriore passo di lato al diritto internazionale e formalizza il ritiro dalla Corte dell'Aja. Il voto del Parlamento magiaro, che era scontato, è stato prontamente rilanciato dagli account del governo di Viktor Orban.
Il primo ad annunciarlo, con tanto di attacco alla Corte Penale Internazionale, è stato il ministro degli Esteri Peter Szijjártó, su X. "Con questa decisione, ci rifiutiamo di far parte di un'istituzione politicizzata che ha perso la sua imparzialità e credibilità", ha scritto il ministro, incassando, tra i primissimi in Europa, il plauso del vice premier e leader della Lega Matteo Salvini. La mossa di Budapest ha fatto seguito alla visita del premier israeliano nella capitale mitteleuropea all'inizio di aprile.
Davanti ai giornalisti, Orban e Netanyahu misero a punto un attacco incrociato ai giudici dell'Aja. L'arrivo del capo del governo israeliano era stato segnato dalle polemiche visto il rifiuto, da parte delle autorità ungherese, di eseguire il mandato di arresto, così come ordinato dalla Corte penale internazionale. Poi, lo strappo del leader di Fidesz: lasciare la Corte dell'Aja. Una mossa non certo affidata al caso vista anche la sponda offertagli, con le sue posizioni degli ultimi mesi, da Donald Trump. La reazione dell'Assemblea dei 125 Stati Parte dello Statuto di Roma, è servita a poco: dopo meno di un mese il ritiro dell'Ungheria dalla Cpi è stato formalizzato.
La decisione del Parlamento ungherese era attesa a Bruxelles, dove cresce il pressing di partiti e Paesi membri per sospendere il diritto di voto di Budapest in seno al Consiglio europeo. La Commissione ha chiarito una in più il suo sostegno alla Cpi. E, ha osservato un portavoce dell'esecutivo Ue, "i sensi dell'articolo 24, dei Trattati l'Ungheria è obbligata a sostenere attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza dell'Unione, in uno spirito di lealtà e solidarietà reciproca, e a conformarsi all'azione dell'Unione in questo ambito". La questione, insomma, non è chiusa. E potrebbe infiammare presto anche l'Eurocamera.
"Orban cerca di scardinare la tenuta dei valori democratici", ha sottolineato l'europarlamentare del Pd Cecilia Strada. Ma, sulla mossa di Budapest, si è consumato anche l'ennesimo scontro all'interno della maggioranza di governo. "Scelta di giustizia e libertà, di sovranità e coraggio", ha esultato Salvini alla notizia del ritiro dell'Ungheria dalla Cpi. "Quella di Salvini è la sua opinione. Io non credo che dovremmo uscire dalla Cpi, l'Italia deve rimanere nella Cpi", ha replicato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Valencia per il Congresso del Partito Popolare Europeo. L'Ungheria è destinata a dividere ancor di più nei prossimi. Il timore, a Bruxelles, è che con l'avvicinarsi delle elezioni - all'inizio del 2026 - e con il partito d'opposizione Tisza ben saldo nei sondaggi, la strategia di Orban possa indurirsi. Anche sulla Cpi, inoltre, lo scontro potrebbe prolungarsi.
Secondo il Guardian, il procuratore Karim Khan sta preparando una nuova serie di richieste di mandati d'arresto nei confronti di funzionari israeliani in relazione a presunti crimini di guerra e contro l'umanità commessi nei territori palestinesi. E i togati dell'Aja della avrebbero invitato Khan a non fare annunci pubblici riguardanti Israele per non compromettere l'operato della giustizia.
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