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Tensione sul Green Deal, von der Leyen bacchetta il Partito popolare europeo

Tensione sul Green Deal, von der Leyen bacchetta il Partito popolare europeo

Critiche da Merz e Tajani. La Commissione: "Hanno votato tutti"

02 maggio 2025, 09:05

Michele Esposito

ANSACheck
Tensione sul Green Deal, von der Leyen bacchetta il Partito popolare europeo - RIPRODUZIONE RISERVATA

Tensione sul Green Deal, von der Leyen bacchetta il Partito popolare europeo - RIPRODUZIONE RISERVATA

BRUXELLES - Una crepa si è aperta nella marea blu dei Popolari che ha segnato la due giorni del Congresso di Valencia. Tra un richiamo alla responsabilità e il susseguirsi di omaggi ai successi elettorali i Popolari si sono ritrovati infatti con uno spinoso caso legato al Green Deal. Il pilastro della precedente legislatura europea, per 48 ore, è stato più o meno bersagliato dai dirigenti del Ppe. In platea c'era anche Ursula von der Leyen. E la numero uno di Palazzo Berlaymont, attraverso al sua portavoce ufficiale, ha voluto puntualizzare che, una cosa è il Partito popolare europeo, un'altra è la Commissione. E da presidente dell'esecutivo Ue von der Leyen continua a "sostenere pienamente il Green Deal".

La precisazione è arrivata nel corso del briefing quotidiano da parte di Paula Pinho. Ad un cronista che le ricordava gli strali arrivati a Valencia sul Green Deal, non ultimi quelli del vicepremier Antonio Tajani, la portavoce, ha scelto di non glissare. Ha ricordato il pieno sostegno di von der Leyen al Green Deal ma ha anche osservato come "non si tratti più di un progetto della Commissione, essendo stato approvato dagli Stati". Non solo. Pinho ha anche ribadito che "l'obiettivo reale è quello di assicurarsi che siano attuate, anche se fossero necessari degli aggiustamenti". Modifiche che, ha sottolineato la portavoce con riferimento ad esempio al rinvio delle sanzioni ai produttori sulle auto inquinanti, in alcuni casi "sono stati proposti e presentati dalla presidente della Commissione".

Le parole di von der Leyen sono state accolte a Valencia da un assordante silenzio. Poche ore prima Tajani affermava senza mezzi termini che il Green Deal "è stato un disastro per l'economia Unione europea". Una tesi, questa, che viene condivisa da una parte cospicua del Ppe e che, in Italia, è uno dei pochi punti di convergenza europea in maggioranza. E martedì sera non meno tranchant era stato Friedrich Merz. "Dopo aver infastidito la gente con i tappi delle bottiglie attaccati o le auto che emettono suoni, ora chiederemo alle persone di far controllare le loro auto ogni anno invece che ogni due anni. Siamo fuori di testa?", aveva attaccato il neocancelliere tedesco. Insomma, sul Green Deal la falange popolare non appare così compatta. E tra gli azzurri c'e' la convinzione che le parole della portavoce di von der Leyen siano state dirette a Merz, più che a Tajani. "Forse la presidente dovrebbe riflettere sul fatto che" i danni del Green Deal siano "un fatto oggettivo", ha sottolineato Maurizio Gasparri.

Una cosa, in Spagna, sembra essere invece emersa: il sodalizio tra Cdu e Forza Italia, nel segno dell'apertura a Giorgia Meloni ma non a Matteo Salvini è certificato dal fatto che Tajani sia stato il secondo vicepresidente più votato tra i dieci eletti. A Rotterdam, nel 2022, era stato il penultimo. Sul futuro del Green Deal, invece, la partita va oltre i confini del Partito popolare europeo. La Spagna e i Paesi nordici ne restano un convinto baluardo ma le certezze sulle amenità della transizione ecologiche si fanno via via più flebili. Tony Blair, tra i precursori della linea, in un rapporto ha affermato che le politiche green "sono destinate a fallire". L'ex premier era finito già nel mirino dei Verdi per le consulenze milionarie con i Paesi del Golfo e il business degli idrocarburi. Le sue parole, tuttavia, hanno scatenato il dibattito a Londra, tra e Conservatori, che hanno chiesto al premier Keir Starmer di fermare la "corsa folle" al Green Deal. "Non cambiamo rotta", hanno replicato i laburisti.

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