Cresce il consumo di carne di
agnello e gli allevatori del Torinese non ce la fanno a
soddisfare la richiesta, notizia in controtendenza in questi
giorni di allarme per i dazi Usa sull'agroalimentare italiano.
Questa crescita esponenziale del mercato locale della carne
ovina è legata ai nuovi consumatori che dai loro Paesi di
origine hanno mantenuto la tradizione dei piatti a base di
agnello e pecora. Lo sottolinea Coldiretti, ricordando che si
tratta di un mercato che vale circa 30 milioni e che convive
con grandi difficoltà e per questo va sostenuto. Per
l'allevamento degli ovini e dei caprini è necessario infatti il
pascolo all'aria aperta, che ha bisogno di pastori esperti che
si fa fatica a trovare, ed è sempre più ostacolato dai divieti
mentre la presenza del lupo provoca la predazione di centinaia
di capi. La provincia di Torino è quella dove è presente il
maggiore numero di ovini del Piemonte: 38.750 capi allevati da
516 aziende. In Piemonte sono 55.631 capi per 2.360 aziende.
"La pastorizia legata agli ovini è una pastorizia di montagna
- spiega il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici -
un'attività vecchia come l'uomo oggi chiamata a soddisfare fasce
sempre più larghe di consumatori. Anche per questo i margari con
allevamenti ovini vanno sostenuti".
Fra gli aspetti positivi di questo tipo di allevamento,
Coldiretti cita il fatto che "l'erba brucata in quota è anche un
freno alle valanghe: la neve, infatti, si ancora meglio agli
steli lasciati corti dagli animali". Inoltre rappresenta "un
servizio di prevenzione per gli incendi boschivi" e contribuisce
a "tenere puliti boschi e aree che si riempiono di piante
invasive contribuendo al mantenimento del prato frenando
l'invasione arbustiva e la chiusura dei pascoli".
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