Consentire a chi abbia compiuto atti
predatori a danno dell'archeologia, e sia stato condannato a una
sanzione o a svolgere lavori di pubblica utilità, di operare nei
siti archeologici di Canosa di Puglia (Barletta-Andria-Trani),
occupandosi di manutenzione dei siti, accoglienza dei
visitatori, collaborazione alle attività di educazione e
informazione. Sono gli obiettivi del protocollo triennale
rinnovato da Fondazione archeologica canosina (Fac) e Tribunale
di Trani. Il documento, composto da otto articoli, offre questa
possibilità a sei persone che così potranno lavorare dal lunedì
al venerdì. Coinvolto anche un ex tombarolo con l'obiettivo di
fornirgli una nuova opportunità con i beni archeologici.
"Due anni fa - ha raccontato a margine del rinnovo
dell'intesa il capo della Procura di Trani, Renato Nitti -
quando in un convegno a Canosa cominciamo ad affrontare il
problema c'era chi sorrideva di questa possibilità aperta anche
ai predatori, ai tombaroli. Ma il protocollo vuole proprio
recuperare queste persone affinché possano ricucire quello
strappo, quella lacerazione che la depredazione del patrimonio
culturale in qualche modo ha comportato". "È un momento
propulsivo nella gestione del patrimonio culturale ed è anche un
momento di riscatto", ha aggiunto.
"Chi lavora con noi - ha evidenziato il presidente della
Fondazione archeologica canosina, Sergio Fontana - si è dedicato
all'apertura dei siti, del giardinaggio e di tutta una serie di
attività che hanno reso fruibili i nostri siti: ci hanno dato
una mano e hanno dato una mano a loro stessi". "Il loro impiego
- ha concluso - non è costato allo Stato. Le esperienze positive
che abbiamo ci lasciano intendere di essere assolutamente sulla
strada giusta".
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