(di Alessandro Carlini)
Chiunque avrebbe tutto il diritto di
provare repulsione verso quel pezzo di storia tanto ingombrante
e in grado di evocare un passato doloroso per un popolo intero.
Non è così per Mustafa Farah, 36enne funzionario somalo di una
ong europea, che ha da poco riportato alla luce una voluminosa e
pesante lapide fascista datata 1937, mentre assisteva ai lavori
di ristrutturazione della sua casa di famiglia nella città di
Belet Uen, Somalia centrale, a circa 330 chilometri a nord della
capitale Mogadiscio. Ha infatti deciso di raccontare in
esclusiva all'ANSA la sua insolita scoperta.
Mustafa, fin da subito, è rimasto affascinato da quella
scritta in italiano scolpita sulla pietra, con tanto di croce in
cima: "Alla memoria della camicia nera Venturi Eugenio, nato il
5/5/1913, scomparso nell'Uebi Scebe (Uebi Scebeli, ndr) il
10/10/1937, XV (anno quindicesimo dell'era fascista, ndr)",
recita il cippo (alto un metro e largo alla base 40 centimetri).
Grazie a internet il funzionario è riuscito a tradurre
l'iscrizione. Non si è però concentrato, come sarebbe stato
comprensibile, sui significati oscuri e inquietanti legati al
ritrovamento: l'occupazione della Somalia, ai tempi
dell'effimero impero coloniale di Mussolini parte dell'Africa
orientale italiana (Aoi), e le tante violenze inferte dalle
camicie nere del Duce sulla popolazione locale.
Mustafa ha invece preferito rivolgersi all'agenzia di
stampa italiana col desiderio di rintracciare i parenti del
milite inghiottito dalle acque torbide e turbolente del vicino
Uebi Scebeli, proprio nel mese di ottobre quando il fiume si
ingrossa paurosamente per la stagione delle piogge. Non sono
infatti stati trovati i resti dell'italiano. "Sebbene l'epoca
coloniale sia stata un periodo buio e doloroso, che ha visto la
nostra gente soffrire e venir trattata in modo crudele sul
proprio territorio - spiega Mustafa - il rispetto per i morti
viene prima di tutto".
Una scelta improntata alla pietas di fronte alla morte, in
qualche modo controcorrente se si pensa alla recente protesta
anti-razzista del movimento Black Lives Matter che in Occidente
ha preso di mira le statue di personaggi storici dal passato
colonialista e in certi casi schiavista, vissuti anche
due-trecento anni fa. Anche perché il dominio fascista
rappresenta invece una ferita ancora aperta nella memoria
locale. "I miei nonni ritenevano che le forze coloniali fossero
il male, in grado di disumanizzare la nostra gente e trattarla
come inferiore. Una delle testimonianze più scioccanti riguarda
quello che facevano gli italiani durante la stagione delle
piogge: obbligavano i locali a distendersi dentro le pozze di
fango e li usavano come ponte umano per passare senza
sporcarsi". In prima fila nella repressione (in Italia e nelle
colonie) c'erano proprio le camicie nere, ovvero i componenti
della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn),
corpo di gendarmeria creato nel 1922 e poi diventato una forza
armata autonoma. "Chi era questo poveraccio di nome Eugenio
Venturi? - si chiede comunque Mustafa - Forse ci sono alcuni
suoi parenti in vita che vogliono sapere come è morto". Nella
vicenda c'è anche un particolare piuttosto macabro. "Sono
rimasto scioccato quando ho saputo che il nostro edificio e
quelli vicini sorgono dove si trovava il cimitero italiano. Il
cenotafio (un monumento sepolcrale senza resti, ndr) è quindi
rimasto a lungo nel nostro terreno".
Se il passato è tanto funesto e pieno di tragici ricordi
gli ultimi anni per la Somalia sono stati contraddistinti da
instabilità politica, guerra civile, scontri tra signori della
guerra, ma soprattutto dal pericolo rappresentato dalle milizie
islamiste di Al-Shabaab. Qualche speranza è data dall'attività
di molte ong e dal contingente di caschi blu dell'Onu, con la
missione Amisom. Dal canto suo, Mustafa con la sua International
Ngo Safety Organization (Inso) cerca di aiutare e consigliare,
in fatto di sicurezza, gli operatori umanitari che si muovono in
un ambiente tanto ostile. Si è preso comunque l'impegno di
onorare la memoria di Venturi. Sulla sua identità e provenienza
geografica si possono fare solo ipotesi. Il cognome del milite è
molto diffuso in Emilia-Romagna, in particolare nella provincia
di Bologna. Un'analogia storica: lungo le rive dello Uebi
Scebeli, nella località di Giohar (un tempo Villabruzzi),
un'altra lapide ricorda il duca degli Abruzzi, Luigi Amedeo di
Savoia-Aosta (1873-1933), alpinista ed esploratore, che scelse
di essere sepolto nella sua amata Somalia, dove aveva diretto
bonifiche e fondato colonie agricole.
Intanto Mustafa ha concluso i lavori di ristrutturazione
della casa di famiglia lungo il fiume e continua a custodire il
"cenotafio" di Venturi, come se ricordasse un lontano parente e
non un invasore.
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