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Vite ai margini, le donne trans vittime di tratta. Ma un parroco di frontiera le aiuta

Vite ai margini, le donne trans vittime di tratta. Ma un parroco di frontiera le aiuta

Schiave del sesso e degli sfruttatori, le testimonianze e i meccanismi di un fenomeno mai in crisi

08 febbraio 2025, 10:13

di Enrica Di Battista

ANSACheck
foto archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

foto archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Ai margini, ma non solo delle strade. Le donne transessuali vittime di tratta sono le ultime nella società, invisibili a molti, eppure ricercate da un mercato che è andato in crisi solo con il Covid. In occasione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, istituita da papa Francesco, un parroco di frontiera lancia un appello. "Le parrocchie aprano le porte a queste donne", dice in un'intervista video su ANSA.it don Andrea Conocchia, sacerdote che da anni accoglie e aiuta nella sua parrocchia di Torvaianica, sul litorale romano, donne transessuali sex worker.

Video Il parroco di frontiera che aiuta le donne trans

 

Provenienti generalmente da Brasile, Argentina e Colombia, hanno tendenzialmente meno di 30 anni quando arrivano in Europa, ma alcune sono anche minorenni. A spiegarlo, tracciando in un altro video su ANSA.it i meccanismi di questo sfruttamento sessuale, è l'associazione Libellula, che da trenta anni in Italia si occupa di diritti di persone transessuali.

Video Pizzo e dipendenze, la vita delle donne trans nella tratta

 

Ripudiate da famiglia e società nei paesi di origine per la propria identità di genere e vittime di violenze, vengono in Europa con l'illusione di una vita migliore, ma finiscono a prostituirsi in strada o in casa, schiavizzate da sfruttatori o sfruttatrici (le cafetinas, altre donne trans che hanno fatto la "scalata sociale") che per anni sottraggono tutto quello che guadagnano.

Queste ragazze devono ripagare un "debito" agli sfruttatori che si aggira sui 15-20mila euro, "una sorta di pizzo che si è costrette a pagare per arrivare in Europa", dice Asia Cione, portavoce dell'associazione Libellula. C'è anche la "presa in ostaggio del passaporto", unico documento in loro possesso in un paese dove conoscono solo sfruttatori e clienti. E poi devono pagare per un posto sul marciapiede e il vitto e l'alloggio alle cafetinas, quando non vivono in baracche in strada.

Avviate spesso all'uso di stupefacenti da parte dei "carcerieri", che in questo modo diventano anche i pusher, continuano in molti casi a consumare con i clienti che sempre più spesso chiedono prestazione e droga, spiega Libellula. Le vittime di tratta sono anche costrette a non usare il preservativo, sono quindi le più esposte, tra le sex worker, a contrarre malattie sessualmente trasmissibili.

Don Andrea Conocchia ne ha viste tante con dipendenze o malattie, alcune di di queste donne non ci sono più. Oltre all’accoglienza, racconta, è importante “creare occasioni di incontro, come i pranzi a Natale o la domenica”. Il sacerdote di Torvaianica ha accompagnato molte persone transessuali che gravitano nella sua parrocchia in udienza generale con papa Francesco e a pranzi ufficiali con il pontefice. Nei suoi pensieri scorrono i racconti delle ragazze, come quelle che non potendo accedere alle terapie ormonali "si iniettavano a vicenda il silicone della ferramenta con le siringhe veterinarie". E chi sono i clienti? "Non sono extraterrestri, sono persone normali, fra noi", conclude.

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