MARIO NATANGELO, PENSAVO FOSSE AMORE, INVECE ERA MATTEO RENZI (MAGIC PRESS) "Noi trentenni siamo una generazione particolare: sembra che i problemi ce li siamo inventati noi, che prima gli altri non ce li avevano. Scriviamo su Facebook 'oggi sono triste', 'oggi sono stanco' e le cose si ingigantiscono. E Renzi è narcisista, egocentrico, autoreferenziale, proprio come siamo noi". Mario Natangelo, napoletano, 30 anni a dicembre, è vignettista a Il Fatto Quotidiano. Il 22 ottobre esce in libreria con il libro a fumetti "Pensavo fosse amore, invece era Matteo Renzi", che modifica un po' il titolo di uno dei film di maggior successo del suo concittadino Massimo Troisi.
"Il titolo tiene insieme i due filoni su cui si sviluppa la storia: l'amore e la politica", spiega Natangelo. Protagonisti un disegnatore disilluso, allergico alla politica, e una militante infervorata, renziana fino al midollo. "A me veramente la politica non interessa - spiega Natangelo -, per questo mi riesce di fare questo lavoro, guardo tutto in maniera distaccata". Si parte dagli albori, quando c'era ancora Berlusconi e tutto era semplice: da una parte i buoni, dall'altra i cattivi. Poi, con la sua caduta, il caos. L'avvento di Mario Monti e Enrico Letta, una disgrazia per la satira. Fino alle grandi vicende di Renzi il conquistatore. In mezzo c'e' la strage di Charlie Hebdo, che rappresenta il punto di svolta nel libro. "Io provo a raccontarla - sottolinea l'autore -. Gli allarmi, la paura... è una grande vicenda politica, che ha avuto ripercussioni indelebili sul mondo della satira e non solo".
Il disegnatore non solo ripercorre con ironia le vicende politiche degli ultimi anni, ma scava tra debolezze e ossessioni delle nuove generazioni, in cerca di punti di riferimento. "E' una parodia assoluta del trentenne di oggi", sottolinea. La prefazione è del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che Natangelo inserisce tra i protagonisti della storia, dipingendolo come grillino sfegatato e grande censore.
"Quella è la parte più divertente, perché è sempre il mio direttore... quando gli ho portato le bozze, temevo che la prendesse male, invece ha fatto pure alcune correzioni".
"Una nuova generazione di vignettisti in realtà non c'è - dice ancora -. I vignettisti storici, come Vauro, Staino ecc., hanno dato molto, ma la rottamazione serve. In questo mi sento vicino a Renzi. Se non fosse nato Il Fatto, io non sarei esistito come vignettista. Vauro io lo rottamo pure nel libro: lui parla alla sua generazione, i ragazzi sono vicini ad altri fenomeni, come Zerocalcare. Vauro e gli altri vignettisti hanno una loro appartenenza politica, io invece non ho appartenenza.
Eppure cerco di parlare di politica alla mia generazione, che non si interessa tanto di quei temi".
"In tv la satira è scomparsa del tutto - continua -. Anche sul web il massimo che ci siamo concessi è Spinoza. La gente vuole solo ridere, invece Charlie Hebdo ci ha fatto vedere quanto può essere cattiva la satira. Si prova a rifondare riviste come il Male o Cuore, ma non hanno futuro. Le vignette, certo, continueranno a girare, ma il problema è trovare un nuovo linguaggio che possa interessare anche i nuovi spettatori".
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