Il Grande Maestro bolognese. Anzi, "il divino", come lo chiamavano per quel talento innato per la rappresentazione del sovrannaturale. Guido Reni (1575 - 1642) conquista il Museo Nacional del Prado a Madrid, protagonista assoluto della mostra realizzata in collaborazione con lo Stadel Museum di Francoforte (che ne ha già ospitato una prima versione) per 96 opere da 40 istituzioni del mondo. Una vera "primavera d'arte barocca", dal 28 marzo al 9 luglio, che racconterà non solo il talento di un Maestro nato figlio di un musico e diventato al pari dei Carracci (seppur lui mai considerò la sua capacità un dono innato, ma il risultato di un immane sforzo nella ricerca della bellezza). Ma anche e soprattutto l'influenza che il suo lavoro ebbe sull'universo estetico di tutto il barocco europeo e in particolare su alcuni artisti della Spagna del Siglo de oro. "Non si può capire la pittura spagnola se non si studia l'arte italiana. È quasi una genealogia, che da Tiziano e dai veneziani arriva fino a Goya", racconta il direttore delle collezioni del Prado, Adreés Ubeda, presentando la mostra oggi a Palazzo Barberini, insieme all'ambasciatore di Spagna a Roma, Miguel Angel Fernandez-Palacios e al curatore David Garcia Cueto, direttore del dipartimento Pittura italiana e francese fino al 1800 del Prado, che ha lavorato al progetto per due anni. Divisa in quattro filoni tematici (La vita, La bellezza, Il dialogo con la scultura, Il collezionismo e l'influenza nella Spagna del Siglo de Oro) in uno spazio di oltre 900 metri quadrati, l'esposizione spagnola, con il patrocinio esclusivo della Fondazione BBVA, rispetto a quella di Francoforte si concentra soprattutto sulle grandi tele di Reni. E porterà al Prado anche lavori che poche volte si sono visti al di fuori delle loro ubicazioni abituali, come l'imponente Trionfo di Giobbe dalla Cattedrale di Notre Dame di Parigi, la Circoncisione della Chiesa di San Martino di Siena o La caduta dei giganti dei Musei Civici di Pesaro, assieme a molte delle sue opere più famose come l'Immacolata Concezione del Metropolitan di New York, Otto che tanto influì su pittori spagnoli come Morillo, la Cleopatra della Royal Collection di Londra, L'unione del disegno del colore del Louvre di Parigi, l'inedito Bacco e Arianna da una collezione privata svizzera e la Predica di San Giovanni Battista di proprietà delle Madri agostiniane in Salamanca, "il cui restauro - ricorda il curatore David Garcia Cueto - ha appena consentito di confermare la qualità e l'autore". Oltre ovviamente alle opere di proprietà del Prado e all'Ippomene e Atalanta che per la prima volta potrà essere ammirato assieme alla versione di Capodimonte. L'Italia è infatti capofila con 22 dipinti prestati, tra i quali la Salomè con la testa del Battista e la Maddalena penitente in arrivo dalle Gallerie Nazionali di Arte antica di Roma, che rinsaldano così la fruttuosa collaborazione con il Prado, dopo la mostra appena conclusa sugli affreschi della Cappella Herrera e quella in arrivo dal 18 marzo su Urbano VIII e i Barberini. "Visto l'intreccio tra arte italiana e spagnola, specialmente trattandosi del '600, è inevitabile collaborare e per noi lavorare con il Prado è un'occasione per crescere - dice la direttrice delle Gallerie Flaminia Gennari Santori - Reni è un artista che ha avuto una straordinaria fortuna nell'800 ma che oggi il grande pubblico forse non conosce. Quello che questa mostra si propone è anche di uscire dalla 'gabbia' di Caravaggio di cui siamo tutti un po' prigionieri". O ltre a un prezioso catalogo e al convegno internazionale del 15-16 giugno, la mostra è stata l'occasione per importanti restauri, a volte con risultati sorprendenti come nel caso del San Sebastiano "censurato" sul pube.
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